ALFREDO CHIÀPPORI di Vittorio Fagone

Dei tre possibili termini di riferimento per una corretta comprensione del lavoro grafico di Alfredo Chiàppori (la storia nobile della caricatura e del "ritratto carico", la pratica della satira politica disegualmente frequentata in Italia, la struttura e l'articolazione della "striscia") è senza dubbio l'ultimo modello a fornire indicazioni pertinenti e dirette; gli altri due punti di vista non sono però da tralasciare, almeno nell'avvio preliminare di una lettura.

Chiàppori arriva al disegno di "strisce" da una precoce esperienza di pittore (mai rifiutata né interrotta): nella sua pittura il colore, frammentato e discontinuo, appare una "matrice in progressione", è segnale di avanzamenti e disquilibri perseguiti con minuzia virtuosistica, verso la rappresentazione, illusoria o impossibile, di una costruzione che contraddice l'ordine della geometria (da qui la predilezione per alcune note figure topologiche). La ricerca di una immagine in contraddizione non è certo distante dal "corto circuito" logico che molte strisce provocano. Ma il salto verso il liberatorio "disegno carico", che è poi essenzialmente un "disegno povero", avviene per un pittore nel verso di quel "libertinage d'Imagination" che l'Encyclopédie rubricava come definizione della caricatura e che gli studi di Freud e di Kris hanno dimostrato come nasca da una esigenza di mascheraresmascherare la realtà, di identificare un bersaglio, di sottoporre a confronto realtà e qualità caricaturale, di opporre disegno "tendenzioso", senza eccellenza, a disegno accademico senza passioni.

Alcuni studi recenti del versante antropologico hanno sostenuto che la caricatura va assimilata a un codice di simbolizzazione grafica come a un tipo particolare di scrittura, ma esse conserva relazioni spaziali specifiche che ne fanno tuttavia una identificabile rappresentazione pittorica.

La comparazione tra il gioco delle caricature e il gioco delle parole, già segnalata da Kris, è si può dire dimostrata dalla striscia dove codice verbale e codice iconico si sovrappongono esemplificando quella terza dimensione dell'immagine che Metz ha potuto definire testo misto.

Due elementi costitutivi della caricatura, e che ne contrassegnano lo sviluppo storico, sono intimamente correlati: "la rinunzia deliberata o casuale all'abilità accademica" (che equivale alla ricerca di una più diretta espressività), la capacità di trasformare persone in simboli, in formule immediatamente rappresentative, in oggetti riconoscibili di polemica politica.

Da qui è naturale il passaggio a una riflessione sulle immagini di satira politica. La nostra storia artistica, come è noto, non possiede né un Hogart né un Daumier e neppure i più recenti Grosz o Heartfield che del crollo della Germania nel fascismo ci hanno lasciato testimonianze lucide e taglienti. La satira politica in Italia è più povera e provinciale, Sironi che negli anni Venti, con i suoi disegni, fa il panegirico del fascismo dal "Popolo d'Italia", è forse più efficace delle ultime immagini che con una resistenza non rassegnata, un Ratalanga (Galantara) oppone sull'"Asino"? Però il peso di questo giornale che ebbe venti, sessanta e anche centomila lettori nell'Italia dei primi decenni del secolo, non può essere tralasciato: nelle sue "vignette", nei suoi testi non sempre sottili, c'è il furore anticlericale, c'è l'Italia socialista degli scioperi, c'è l'equivoco dell'interventismo, c'è il presentimento angosciato di ciò che sarebbe stato il fascismo, e un dire "no" in modo diretto e ostinato finché ragionevolmente possibile. La popolarità della satira politica in Italia nasce dalla grande diffusione dell'"Asino", ed ha una storia nella quale possono allinearsi il "Becco Giallo", il "Bertoldo" (ma con quali equivoci e silenzi), nel dopoguerra l'"Uomo Qualunque" di Giannini e il "Candido" di Guareschi, il "Don Basilio" con rinnovato (e motivato) piglio anticlericale. Come si vede dai titoli dei giornali degli anni Cinquanta, la satira è quasi sempre di parte conservatrice.

La satira politica in Italia ha tuttavia un nome che merita considerazione e rispetto e che forse attende ancora una più chiara collocazione: il disegnatore dell'"Avanti!" Giuseppe Scalarini che dal 1911 al 1926 dette immagini modernamente efficaci a una polemica sociale e politica, senza cedimenti, tanto più disperatamente aggressiva quanto più il fascismo compiva la sua inarrestabile ascesa. Scalarini è un nome che può essere fatto a proposito di Chiàppori? Il contesto è diverso, e diverso è il modo di usare il mezzo grafico. Esiste un disegno di Scalarini del 1921 "badate lavoratori che vuole divorarvi" che mostra un leone (il Blocco Nazionale) a fauci spalancate con al centro della gola un fascio littorio che ben ricorda la bocca spalancata, con un fascio in fondo, dell'"ufficiale" dell'Arma ("coinvolto" nel golpe Borghese?) disegnato da Chiàppori per il "Belpaese". Le due immagini simili indicano uno stesso modo di procedere per simbolizzazioni immediate e dirette.

La specificità del lavoro di Chiàppori obbliga a considerare con particolare attenzione la più moderna ed essenziale trasformazione della "storia figurata", la striscia.. Rispetto alle prime storie figurate pubblicate a Ginevra da Rodolphe Topffer, alla metà del secolo scorso, dove già esiste marcata una tipizzazione del personaggio e la drammatizzazione delle azioni attraverso immagini in sequenza, i fumetti dei giorni nostri hanno il vantaggio di poter sommare a una rappresentazione grafica che punta alla definizione essenziale di un personaggio e dei suoi attributi costanti, un uso diretto e per così dire interno alla scrittura impiegano non più solo come commento narrativo, ma come dialogo o monologo. Una tecnica di ordinamento della sequenza che sfrutta le esperienze e le risorse di un montaggio particolare, l'impiego infine del colore (analogico, descrittivo, simbolico) o del bianco e del nero come positivonegativo (uso frequente in Chiàppori).

La striscia essenzializza il fumetto in una breve sequenza di immagini (anche solo tre o quattro) conclusa come unità significativa. Nello svolgimento della sequenza c'è come una contrazione delle diverse componenti del fumetto e una accelerazione della sua dinamica:

1) La caratterizzazione del personaggio è definita con assoluta precisione attraverso la determinazione di uno stereotipo di cui sono presto riconoscibili al lettore i diversi dettagli connotativi; non solo la caratterizzazione fisionomica, ma gli atteggiamenti e gli orientamenti nello spazio sociale rappresentato; sono anche noti gli interlocutori e gli antagonisti, in genere costruiti nel rovescio speculare dello stereotipo del protagonista (da qui il loro numero necessariamente limitato).

2) la condizione di dover muovere una storia dentro uno spazio e un tempo ristretto porta come si è detto a una condensazione degli spostamenti narrativi: questi molto spesso sono rappresentati da situazioni che pongono in condizione critica il personaggio, o meglio alcuni elementi dello stereotipo come costituito. C'è quindi in genere un accumulo di tensione nelle prime immagini e una brusca ma conseguente risoluzione nell'ultima immagine.

3) Per quanto paradossale possa apparire, il meccanismo retorico della striscia s'apparenta più al tragico che al drammatico (e da qui il potenziamento della sua "comicità"). Ogni accadimento che la striscia registra è una conferma della qualità e del carattere del protagonista, una ulteriore definizione della immobilità dello stereotipo che il lettore è chiamato a convalidare.

4) Il breve percorso della striscia obbliga, più che a spostamenti narrativi, a spostamenti di senso. È la coerenza logica del personaggio che viene posta in difficoltà, in un primo momento, e nella successiva soluzione, in genere, rinforzata. Da qui l'importanza delle indicazioni verbali che possono da sole costituire l'elemento figurativo della striscia (il procedimento è, ad esempio, usato spesso da Chiàppori).

5) La striscia, in conclusione, rende "teatrale" l'andamento narrativo della storia figurata attraverso tre meccanismi: la condensazione dei caratteri del personaggio; la riduzione dello spazio di racconto a uno spazio di azione e di confronto; il gioco rapido degli spostamenti e della discarica di tensione che è in funzione di una ulteriore conferma del "carattere" del protagonista.

Questa schematizzazione empirica, che tiene conto di alcune osservazioni di Martinez e FresnaultDeruelle, non può tralasciare di considerare che la fortuna della striscia deriva dalla necessità dei giornali di fornire in successione le vicende di un personaggio, o di più personaggi, noti e graditi al grande pubblico dei lettori, fino a una sorta di identificazione, e come questa ripetizione quotidiana confermi il gioco sociale del comico che la striscia istituzionalmente riproduce.

L'aspetto sociale del comico è fortemente sottolineato dagli studi di Kris sulla caricatura che prima sono stati citati. Certamente il comico dipenda dal contesto sociale e culturale di un gruppo. La striscia è una forma di "comico" tipica delle società occidentali correlata alla diffusione dei grandi mezzi di comunicazione, e potrebbe risultare "priva di senso" a chi è fuori da questo contesto; è sicuramente più efficace per chi ha già accumulato una consuetudine con le strisce dello stesso personaggio.

Ora alla socialità del "comico tendenzioso" sono sicuramente riferibili due caratteri essenziali della striscia, e in particolare di quella di Chiàppori: l'approvazione del lettore come consenso alla aggressività dell'autore; l'invito al lettore ad assumere una comune strategia, regressiva rispetto alle censure sociali e personali e quindi aggressiva.

Nel panorama oggi vivace della satira politica in Italia come registrata dai giornali, non più dominata dalla componente conservatrice e reazionaria, l'assidua presenza di Chiàppori è tra le più vivaci, puntuali e originali. Il segno dell'originalità di Chiàppori è dato dall'aver liberato il sistema della striscia ancorato nelle sue più felici espressioni (di Feiffer, Schulz, Hart) a una analisi della solitudine del personaggio nella società contemporanea, a un sottile e svagato gioco intellettuale che, libero da interdizioni, tiene bene la rubricazione di "vacanza del SuperIo" verso una attualità contingente e non evasiva. Il processo di avanzamento verso un più diretto contatto con la realtà ha condotto Chiàppori a una messa a punto sempre più efficace dello strumento grafico, alla formulazione di un codice congruente e senza ridondanza. Il percorso di Chiàppori può essere seguito attraverso le tappe rappresentate dai libri che raccolgono le sue strisce. È un itinerario che qui si propone al lettore.

1978