Comunque l’utilizzo delle brevi assenze senza perdita salariale può essere tollerato dal capitale per dei motivi che ci sembrano ovvi:

Il primo è che, qualsiasi sia il motivo che ha provocato l’astensione, nella maggior parte dei casi il lavoratore al suo rientro è disponibile soggettivamente a subire ricatti e vessazioni.

A questo punto giova ricordare che a partire da qualche anno fa in molte fabbriche cominciò l’apparentemente ‘suicida’ politica dei permessi … I responsabili diretti della conduzione del personale (a seconda delle situazioni: operatori/preparatori, capiturni, capireparto, capisquadra) alla richiesta di un permesso personale da parte dei lavoratori, pressati dalle direzioni aziendali a non concederne, invitavano più o meno palesemente i richiedenti a mettersi in mutua.

La spiegazione che essi davano era la seguente: se ti do un permesso, la direzione esige da me la stessa produzione, poiché la responsabilità è mia; se ti metti in mutua, non mi possono rompere le scatole…

Qualcuno, a suo tempo, intervistato, disse chiaramente: a mio modo di vedere, la direzione ha interesse ( non capisco quale) a che l’assenteismo aumenti, quindi contenti loro…

Già a quel tempo alcuni di noi avevano tentato di spiegarsi questi strani interessi, interessi che sono articolati, vanno dalla creazione di fratture interne alla massa occupata alla subordinazione di si sente soggettivamente abusivo, infine all diminuzione di tensioni interne alla fabbrica e alla caduta delle lotte sul piano sociale… il tutto condito con agevolazioni fiscali sui cosiddetti oneri sociali ( lo sconto sulle trattenute a carico del datore di lavoro.

Quindi l’apparente ‘disinteresse’ del capitale era un calcolo interessato, e come!

Il deteriorarsi di un fronte di lotta compatto dei lavoratori ( anche se un vero fronte non era…)è sempre interessante per i padroni.

Secondo noi, se ai padroni fosse stata a cuore allora la riduzione della percentuale degli assenti , l’unico mezzo era la pressione sull’apparato sanitario.

Ciò però, sempre secondo noi, non era praticabile senza contraddizioni.

A onor del vero casi isolati di iniziative padronali ci furono ( l’Indesit ad esempio, però altre aziende non lo fecero, specie le più importanti.

In primo luogo i tempi non erano opportuni, infatti la manodopera non era così disponibile sul mercato da consentire una stretta repressiva ( mamma Fiat non intendeva occupare al Sud, ma concentrare la ‘polpa’ delle produzioni al Nord), mentre si sarebbe assistito ad una levata di scudi da parte della corporazione sanitaria.

LA CORPORAZIONE SANITARIA, NEL SUO COMPLESSO, HA ALCUNE CARATTERISTICHE FUNZIONALI AL SISTEMA

1)la categoria sanitaria è un meccanismo ( apparentemente blando ma non meno efficace) di controllo sociale, specie nei piccoli centri dove i medici sono meno numerosi in percentuale che nelle grandi città;

2) i medici possono essere gestori di un meccanismo di subordinazione al sistema, attraverso una apparente meritocrazia: il medico brocco ‘ è dell’Inam

- quello bravo si fa pagare’… Invece esistono il medico bravo dell’Inam ed il brocco che riesce a farsi strapagare: la realtà è meno schematica.

3) detenendo una quota notevole di reddito ( solo con la mutua certi medici arrivano ad incassare 100 milioni/anno più gli extra), quindi non potendo consumare tutto questo reddito sono dei potenziali investitori di capitale.

Inoltre il deteriorarsi della situazione, ed il tran tran instaurato, hanno impedito una seria azione di massa e di partecipazione per una seria riforma sanitaria, ci siamo trovati di fronte a proposte governative di tipo gattopardesco: (tutto cambi – i nomi degli ENTI – perché tutto rimanga come prima), con l’aggravante di una ambiguità di fondo degli apparati sanitari e politici.

 

Oggi che, per la pressione della crescente disoccupazione, la forza contrattuale dello strato proletario occupato è oggettivamente calante, ecco che i padroni tentano in tutti i modi l’attacco ai tre giorni pagati trovando anche alleati interni al movimento operaio per i motivi che abbiamo sviluppato più indietro.

IL PADRONE HA FATTO LA SUA INCHIESTA.

** la diminuita conflittualità operaia su ritmi, ambiente, disciplina, dovuta anche al cadere delle illusioni che si erano create dopo i trionfalismi su ‘le conquiste’ tipo i libretti sanitari, dati biostatistici e via ciacolando.

** la diminuita tensione per ciò che riguarda i servizi sociosanitari (asili che non coprono i turni, unità sanitarie locali, trasporti inadeguati ecc) e la tendenza a trovare soluzioni private e quindi apparenti.

** la sfiducia dei quadri intermedi sindacali in una rapida ripresa delle lotte non puramente contrattuali, ha indotto questi a farsi portavoce di posizioni arretrate, sia nei confronti dell’apparato, sia nei confronti della base.

D’altra parte i vertici sindacali e politici, che tranne alcune eccezioni, di condizione operaia ne hanno conoscenza per sentito dire, si sono fatti carico delle esigenze del capitale con la teoria dei ‘sacrifici’ e della ’salvezza nazionale’ costruite sulle spalle dei meno abbienti.

La posizione ufficiale del sindacato, quella espressa nei convegni o dagli operatori sindacali nelle assemblee, fa risalire l’elevato numero di assenti a condizioni di ambiente di lavoro. Apparentemente questa posizione copre tutti i lavoratori, ma in effetti rischiamo di rimanere tutti a piedi.

Tanto per incominciare, molti delegati non esitano a dire in via confidenziale che tutti gli assenteisti dovrebbero essere licenziati. Essendo il delegato la prima istanza ufficiale del sindacato, la sua posizione esprime di fatto la posizione del sindacato.

Le lotte sull’ambiente avevano ed hanno un significato molto importante: non lasciare che la fabbrica ci distrugga fisicamente e psichicamente, per consentirci di giungere all’età pensionabile… senza crepare il giorno dopo.

Limitare la lotta sull’ambiente di lavoro all’obbiettivo di ridurre la quantità degli assenti ci pare fuorviante e come minimo può trascinare in un’ottica di cogestione.

Infatti, se come già successo, il padrone propone ad un cdf di collaborare per risolvere gli eventuali problemi di salute nei posti di lavoro dove sono maggiori le assenze, posto che il padrone o chi fa per lui non è proprio un imbecille, conosce i suoi polli, riesce tranquillamente ad individuare chi maggiormente ‘fa il furbo’ ed eventualmente a concentrarne un certo numero in particolari settori, ogni proposta del cdf , anche se correttamente applicata, non riuscirà evidentemente a far regredire l’astensionismo non organizzato.

Un simile fallimento oggettivo costituirebbe una bellisma pietra tombale alla ripresa delle lotte sull’ambiente di lavoro, anzi segnerebbe un’altra tappa nella ripresa di un’arroganza padronale che ci ridurrebbe tutti in condizioni precarie.

RIICAPITOLANDO

Pur essendo abbastanza limitato, l’abusivismo è diventato il tema dominante.

Anche noi abbiamo incentrato il nostro lavoro sull’abusivismo. Ci sarebbe se siamo caduti anche noi in una delle tante trappole che quotidianamente si trovano sul cammino del proletariato.

Infatti sembra che ciò che porta la nazione alla rovina sia l’alto tasso del cosiddetto assenteismo, questo almeno nelle dichiarazioni di parte padronale; la questione è un po’ diversa, si tratta per gli imprenditori e loro alleati, di mascherare l’impossibilità di uscire dalla crisi senza stravolgere il cosiddetto ordinamento sociale e produttivo.

In effetti si tratta di fornire UN NEMICO nuovo e di comodo su cui dirigere l’attenzione, come a suo tempo fu fatto per le sedicenti brigate rosse, in modo da deviare il proletariato dall’analisi delle magagne della società.

In questo momento in cui, come dicevamo, la situazione sta deteriorandosi, ecco che ‘l’imprenditore sano’ parte lancia in resta, naturalmente non essendo stupido ‘ l’imprenditore’ accuratamente il modo e il momento, giovandosi delle contraddizioni interne allo strato di lavoratori occupati.

La Corte di Cassazione calcola , nella sua sentenza, le assenze effettuate nell’arco dei 6 anni precedenti per stabilire se un lavoratore può essere licenziato per superamento del periodo di conservazione del posto di lavoro.

Molto probabilmente ci si accorderà a livello interconfederale (confederazioni dei lavoratori e confindustria) per stabilire una nuova normativa del periodo di conservazione del posto di lavoro.

Comunque sia ciò stabilirà la media delle assenze il cui livello è tollerabile per le aziende. Poichè questo significa un costo del lavoro accettabile dai datori di lavoro, chi di noi non si trasformerà in un ragioniere con tanto di tabelle e terrà il conto esatto delle assenze che può fare e non può fare in un certo periodo di tempo, se non farà in questo modo e non sarà classificato nella categoria dei ‘buoni’ è evidente che correrà il rischio di essere licenziato comunque.

Nel caso che si tratti di un operaio ‘modello’ (crumiro e lecchino) egli potrà forse sperare che con la sua buona volontà così dimostrata ( mantenendo basso, al di sotto della media, il costo del lavoro) , il padrone gli conceda ‘la grazia’ di rimanere in fabbrica, dando così il via ad una serie di ricatti morali sempre più grandi.

D’altra parte si può considerare quale sarà il risultato di una diminuzione dell’assenteismo.

Una prima leggenda va sfatata: è quella che se il padrone non avrà più un costo del lavoro così elevato. distribuirà il reddito così recuperato ai propri dipendenti. Nulla di più falso si limiterà ad incassare di più ed a essere ancora meno incentivato ad investire per razionalizzare il mdo di produrre, ciò dovuto al fatto che potrà continuare ad avere profitto anche da impianti da mandare a rottame.

Inoltre, per i settori dove non c’è sviluppo di mercato, disporrà di un surplus di manodopera, surplus che gli consentirà di agire in due modi:

1) licenziando ma non troppo

2) Cassa integrazione di qualche mese all’anno

Tutte e due queste soluzioni rappresentano un ‘ottimo’ investimento. Infatti la subordinazione operaia sarà certo accentuata, mentre i costi verranno tranquillamente scaricati sulla comunità.

Nel caso di cassa integrazione ‘l’investimento’ assume un aspetto migliore nel caso in cui si preveda di ripartire a pieno ritmo; gli operai resi docili con gli spauracchi, saranno disponibili senza doverne andare a cercare dei nuovi da addestrare, se le aziende avranno oculatamente usato del consenso dei lavoratori per espellere selettivamente gli ‘esuberanti’.

 

Queste note vogliono essere un modo, magari inadeguato, di dimostrare come si può far arretrare i lavoratori, se questi si lasciano convincere a combattere un nemico secondario ( magari inventato) senza rendersi nemmeno conto che chi li guida è l’interesse degli imprenditori - che invece è il nemico principale- tant’è vero che si sta già tornando a pensare che la fabbrica è un luogo dove non c’è posto per i deboli.

asino.gif (9114 octets)agenzia stampa

cicl in proprio v.Rochis 3- Pinerolo- 11 luglio 1979.

INDEX