Ildegarda di Bingen (1098-1179)

ILDEGARDA, BADESSA DEL BLUES

 vedi anche http://www.scribd.com/doc/33403926/Claudio-Canal-Hildegard-von-Bingen

Claudio Canal- il manifesto 1985 (?)

 

Le belle statuine della storia da riconoscere nel presente, che ne è sprovvisto. Il gioco è manifesto. Come nei veri divertimenti d’infanzia le regole vanno e vengono. Rovesciamole, facciamo che tu eri il presente ed io il passato.

Ho in mente due statuine vive di donne incontrate in angoli diversi del mondo. La prima, una antigone campesina di quindici anni che dalla piazza della cattedrale di San Salvador, ai tempi degli squadroni della morte e del colonnello assassino, proclamava il suo dolore e la sua giustizia delante de Dios, davanti a Dio che si era fatto sentire da loro, le comunità delle donne desaparecidos, e aveva detto di non arrendersi.

Parlava tranquilla e sicura proprio come se un Dio fosse stato alle sue spalle. Una canzone allegra con marimbe e chitarre sosteneva a tratti le sue parole.

L’altra donna guidava un corteo di uomini e bambini in un paese della Palestina che si chiamava Beit Furik, mi pare. La sua orazione era modulata su un maquam senza fine, a cui i presenti rispondevano ritmicamente. Anche lei parlava di diritto, di giustizia e di un Dio che lì aveva un altro nome, ma sembrava altrettanto sonoro e presente tra le voci cadenzate.

Due donne immerse nella musica e in un Altro da cui ricevevano parole e forza.

Quante figure così popolano il presente? Immerse nel mondo ma non sommerse, agganciate alla visione di qualcosa o di qualcuno che sembra illuminare realtà sicure e nefaste. Dotate di una voce che comunica e suona. Forse sono già un grande coro a saperlo ascoltare e  vedere.

Ritorno al passato. Non sono un medievalista nè un latinista nè uno specialista di alcunchè. Sono però un esperto di “emigranea”, come la chiamava la bella statuina che voglio evocare, Ildegarda  di Bingen, signora badessa di alcuni monasteri tre le valli del Reno, in Germania, nata nel 1098 e morta nel 1179. “Io sono sempre in trepidazione e timore, perchè so di non avere in me sicurezza di potere alcunchè: ma offro a Dio le mie mani, perchè, come una penna, che è priva di ogni forza e peso e vola portata via dal vento, egli mi sostenga...

Fin dall’infanzia... ho sempre avuto nell’anima queste visioni: in queste visioni

la mia anima, come piace a  Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti di venti diversi, e si espande fra diverse genti, per quanto lontane e sconosciute... posso dire soltanto che le vedo nell’anima, e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicchè mai in esse ho subito il mancamento dell’estasi: io le vedo di giorno e di notte, ma sempre da sveglia. E sempre sono oppressa dalle infermità, e spesso soffro così gravi dolori, che mi pare minaccino di uccidermi; ma fino ad oggi Dio mi ha guarita”.

Dolorante, ma non addolorata. Nessuna noche oscura, nessun annientamento dell’io nè mistici godimenti. Una visione di conoscenza, invece , l’ombra colorata di una luce vivente che illumina la comprensione e la spiegazione. In questo, pulzella anche lei come quella di Orleans tre secoli dopo. Visioni che contengono un messaggio che deve essere divulgato al mondo e riguarda le vie di Dio per la salvezza dell’uomo e del creato.  Ma come può una creatura incolta e per di più donna  prendere la Parola, come può superare la sfiducia in se stessa in una società patriarcalmente gerarchica? Appellandosi ad una Voce autorevole, diventando Profeta: “Passata la giovinezza, giunta all’età della maturità, udii una voce dal cielo che mi diceva.... scrivi ciò che hai visto e udito”.

Gli specialisti  ritroveranno nelle visioni e nei dolori di Ildegarda l’aura dell’emicrania, con le sue alterazioni visive e di coscienza, confortando il nostro moderno scetticismo e nobilitando le turbolenze craniche di noi emicranici incalliti e senza visioni. Esploratrice dei segreti di Dio, li racconta nei suoi libri, nelle predicazioni e nelle lettere. Non vive isolata in preghiera nel monastero di Disibodenberg e poi di Rupertsberg. Corrisponde con papi, arcivescovi, signori, semplici monache, intellettuali tedeschi e parigini. Incontra Federico Barbarossa, scrive a Bernardo di Chiaravalle. Visita monasteri e città, predicando pubblicamente come a nessuna donna, dopo di lei, sarà più concesso nella chiesa cattolica. “Ricevetti l’intelligenza dei sensi dei Santi Libri, dei salmi,  dell’Evangelo e degli altri libri cattolici dell’Antico e Nuovo testamento”. Discute della trinità, del papato e dell’impero, di mondo e di creazione.

“Così la visione mi insegnò e mi rese capace di spiegare tutto ciò che Giovanni aveva scritto nel suo vangelo sul principio dell’attività creatrice di Dio. E mi resi conto che questa spiegazione doveva essere l’inizio di una nuova Scrittura, che non era ancora stata rivelata, nella quale si sarebbero dovute cercare molte spiegazioni dei divini misteri della creazione.”

La creazione, la sua bellezza fisica  e sensibile, la creatura umana. I suoi legami con il cosmo sono intensificati da una vibrazione costante in armonia con la natura. Ne scrive in alcuni libri, spiegando le piante, gli elementi dell’universo, la sessualità umana. “ Quando la donna fa l’amore con un uomo, una sensazione di calore nel suo cervello, che porta con sè il piacere dei sensi, comunica il gusto di quel piacere durante l’atto e richiama l’emissione del seme dell’uomo”.

Sorella Ildegarda analizza limpidamente sessualità e riproduzione senza sconvolgere il quadro gerarchico ricevuto da quella grande macchina simbolica che è la chiesa medievale, e le ‘causae et curae’ vengono da lei descritte con puntigliosa probità.

Superiora e fondatrice di un monastero di donne, Ildegarda non predica ascetismi e mortificazioni,vuole che le sorelle non rinuncino alla bellezza del corpo e vestano come autentiche spose di cristo.  Sopratutto che siano ripiene di musica.  Perchè ‘symphonialis est anima’, l’anima è musicale e Ildegarda riscrive la storia cristiana della salvezza secondo una propria teologia della musica che dovrebbe piacere a Sun Ra e alla sua Arkestra.  La caduta di Adamo ha rotto l’incantesimo di voci e di suoni e gli umani ne hanno oggi solo un vago ricordo ed una marcata nostalgia.

Il respiro che ci serve per cantare è un soffio che deriva dalla Spirito e in una nuova economia spirituale il canto è la perfetta integrazione degli elementi umani con quelli divini.  E’ immorale essere non musicali. Quando le autorità di ecclesiastiche di Magonza colpirono con l’interdetto perchè aveva dato sepoltura ad uno scomunicato che le monache ritenevano si fosse alla fine riconciliato con Dio, Ildegarda protesta vibratamente, non tanto per la sospensione della comunione eucaristica, quanto per l’imposizione del silenzio. Non si possono tacitare le voci che cantano in bellezza la lode di Dio. Farlo significa creare un’artificiale separazione tra cielo e terra e la creazione smetterebbe di essere quella sinfonia dello Spirito che invece (manca testo...) il signore della danza sta nei cieli.

Mi piace immaginare Ildegarda con una tenera voce blue e le sorelle un po’ lunari e un po’ vibranti mentre nel mattino intonano una nuova musica. “Tromba di Dio” diceva di se stessa ed esplorava le sonorità della lode componendo musica. Se si esclude una canzone della trobairitz Contessa di Dia, le sue musiche sono le uniche che ci sono rimaste di una donna del medioevo. Una settantina di canti e il primo dramma allegorico della letteratura occidentale, Ordo Virtutum. Li chiama ‘Sinfonia dell’armonia delle celesti rivelazioni’ espressione di una ‘vox inaudite melodi’ come scriveva Volmar, il suo segretario.

I testi sono all’altezza della vocazione visionaria di Ildegarda, sibillini, riverbero di echi lontani, in una forma totalmente libera da regole metriche, immaginistica  e d irregolare, com’è difficile trovare nella produzione contemporanea. In essi si è riversato tutto il linguaggio sapienziale che anima Ildegarda, in cui Maria è anche la terra e Adamo l’Uomo cosmico.

Ma la voce di Ildegarda non resta sulla carta, torna come nostra archeologia sonora a riaprire la questione della musica specchio o profezia. Tecnicamente colonna sonora di un monastero femminile renano del dodicesimo secolo, i canti di Ildegarda sono pieni dell’ambiguità di ogni musica. Cantano l’ordine simbolico di una società rigidamente gerarchica e il tragitto soggettivo ed autonomo di una donna che da questa gerarchia esce a modo suo. Materia sonora che sta contemporaneamente nel medioevo e tra di noi. Già allora in bilico tra retroguardia ed avvenimento. Siamo ancora lì a cercare di capire dove finisce il canto del potere e l’annuncio di liberazione. Dove la ripetizione e dove la composizione. Ildegarda per staccarsi dalla sonorità dei poteri aveva creato anche una Lingua Ignota, un repertorio di parole con un nuovo alfabeto che travestiva il bisogno di una comunicazione a parte. Un linguaggio ed una scrittura per iniziati, un codice per una comune di donne che sa di stare dentro e fuori del suo tempo.

Ritorno al presente. Dove stanno le Ildegarde oggi? C’è un rumoroso silenzio nella musica del mondo  che potrebbe metterci a tacere.  Ma c’è anche chi prende fiato, chi cerca lo scarto necessario per la propria visione in musica.  Badesse del suono o fragili monache della melodia. Poteva essere “Too close to Haven” di Mahalia Jackson o il “ Kozmic blues” di Janis Joplin, può essere “ Incosciente colectivo” di Mercedes Sosa o “ Non ho più voglia di dormire” di Chaba Fadela, algerina, o icanti delle pietre di Kamilia Jubran, palestinese.

Può essere il sonoro dei sogni di redenzione non ancora estinti.


Ildegarda

è una delle scrittrici medievali più famose: filosofa, scienziata, poetessa e musicista, questa figlia della piccola nobiltà tedesca, cresciuta in un monastero benedettino della regione del Reno ha lasciato importanti opere che toccano tematiche teologiche e filosofiche, naturalistiche e mediche. Tre di esse, le più imponenti e, oggi, le più famose, sono scritte nello stile delle ‘rivelazioni’ profetiche: si tratta del Liber Scivias(scritto fra il 1147 e il 1151), del Liber vitae meritorum(1158-1163) e del Liber divinorum operum (1163-1174). L’opera naturalistica, tradizionalmente suddivisa in due libri, Physica (o Liber simplicis medicinae) e Liber causae et curae (o Liber compositae medicinae), è in realtà nominata da Ildegarda nel prologo del Liber vitae meritorum con un unico titolo, Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, ed è stata composta negli anni 1151-1158. A questo periodo risalgono anche gli altri scritti, fra i quali spiccano le liriche di contenuto religioso (Symphonia harmoniae revelationum caelestium). Ildegarda componeva anche le musiche per i suoi poemi (esiste oggi una ricca discografia ildegardiana), e scrisse un lavoro teatrale, l’Ordo virtutum.

La Vita, che riporta anche alcuni passi autobiografici, racconta che fin da piccola Ildegarda ebbe l’esperienza di involontarie ‘visioni’, accompagnate da dolorose infermità fisiche; solo dopo che la materna autorevolezza della maestra delle monache, Giuditta di Spanheim, la ebbe aiutata ad accettare tali esperienze queste vennero da lei riconosciute come sorgente trans-personale di una conoscenza profetica di cui essa si riconosceva portatrice per il bene dell’umanità. L’ossatura portante di questo sapere era costituita dalla storia biblica della salvezza e dalla lettura dei ‘segni dei tempi’, finalizzata ad una riforma della società cristiana del suo tempo.

Quando il carattere ‘profetico’ delle sue visioni venne riconosciuto dai due personaggi più eminenti della Chiesa del suo tempo, Bernardo da Chiaravalle e il papa Eugenio III, Ildegarda aveva già superato i quarant’anni: ma è proprio da quel momento che ebbe inizio la sua impressionante attività di scrittrice, di consigliera, di organizzatrice della vita monastica, testimoniata, oltre che dalle opere, da un ampio epistolario. Si procurò un collaboratore, Volmaro, che sarebbe rimasto con lei per moltissimi anni, coadiuvandola nella scrittura delle sue opere. Staccatasi dal monastero di Disibodenberg con le monache di cui era divenuta maestra, dette vita - dietro l’impulso di una visione - alla fondazione di Rupertsberg, che resse come badessa. Le sue liriche, la musica, il teatro, così come alcuni scritti minori sono essenzialmente legate allo svolgersi dell’anno liturgico e agli usi della vita comunitaria, segnata anche da eventi dolorosi: il distacco di una giovane monaca, Riccarda von Stade, che Ildegarda aveva particolarmente amato; l’interdetto che il suo monastero subì, per aver sepolto nel proprio cimitero un giovane nobile scomunicato. Episodi come questi rivelano l’intreccio fra vita monastica e politiche nobiliari, mostrando che all’epoca di Ildegarda vivere in un monastero non equivaleva a ritirarsi dal mondo, ma significava occupare un ruolo sociale ben determinato, importante, accessibile anche a una donna, che poteva in esso ottenere cultura e potere.

Di questi Ildegarda si servì per proporre una visione della natura in cui gli elementi salienti della cultura scientifica del suo tempo si accompagnano alla sua capacità di percepire e mettere in parole la forza della creazione operante negli esseri viventi. Nel complesso possiamo definire il suo pensiero cosmologico e naturalistico come una sintesi originale del sapere tradizionale e di una conoscenza intuitiva della realtà, animata dal senso della perfezione dell’opera divina.

Le opere cosmologiche di Ildegarda di Bingen sono state paragonate ad una basilica romanica, i cui motivi fondamentali, il cerchio e la croce, sono le coordinate del mondo in cui l'essere umano è inscritto. L'origine del suo sapere, la cui articolazione si scandisce sui momenti estremi della storia sacra - la Creazione e l'Apocalisse, avendo come centro l'Incarnazione - è ricondotta da Ildegarda stessa alle visioni che fin dalla prima infanzia, accompagnandosi a malattie fisiche fortemente debilitanti, l'hanno costretta ad una 'diversità' sofferta, ma che è stata la via d’accesso alla consapevolezza di sé e della propria missione profetica. Di questa peculiare modalità di acquisizione del suo sapere Ildegarda dà conto nelle prefazioni del Liber Scivias e del Liber divinorum operum , oltre che in alcuni passi di origine autobiografica della Vita e, con un sguardo retrospettivo sulla sua esperienza, in un testo dell'estrema vecchiaia, la Lettera a Gilberto di Gembloux.
L'insistenza di Ildegarda sulla propria fragilità e inadeguatezza ripete e amplifica un motivo comune nella scrittura femminile. Ma nella cultura monastica l'atto di scrivere, anche da parte degli uomini, generalmente non era il frutto di una iniziativa individuale di chi oggi riconosciamo come l'autore: per potersi dedicare al lavoro intellettuale era infatti necessaria una 'autorizzazione', generalmente presentata negli scritti come la richiesta di un superiore, poiché scrivere non soltanto un'espressione individuale, ma un compito orientato al bene della comunità. Questa modalità di accesso alla scrittura, per quanto possa apparire tortuosa ai nostri occhi, di fatto dava anche alle donne la possibilità di trasmettere il proprio sapere: una Ildegarda di Bingen, che svetta nella cultura del XII secolo, non avrebbe avuto nessuna opportunità nelle università del secolo successivo, popolate solo da uomini ed unico luogo istituzionale di produzione intellettuale. E' vero che per una donna, che si presentava - secondo gli stereotipi dell'epoca - come debole e incolta, era necessaria un'autorizzazione più forte che per gli uomini: ma questa Ildegarda la ottenne presentando le sue visioni come espressione diretta di Dio.

 La recezione del messaggio divino da parte di Ildegarda è presentata come l'incontro di una fragile creatura umana col creatore del mondo, con Cristo come Logos cosmico. Le sue visioni non hanno infatti alcun aspetto della mistica nuziale, cui proprio un corrispondente privilegiato di Ildegarda, Bernardo da Chiaravalle, dava negli stessi anni un impulso decisivo nei suoi Sermoni sul Cantico dei Cantici. La sapienza di Ildegarda collega dunque la ricchezza del mondo naturale con la storia della salvezza, parlando agli uomini e alle donne concreti del suo tempo, responsabili della vita propria ed altrui, per guidarli verso il bene. E' questo il compito profetico che Ildegarda si assume, accettando nel loro significato simbolico, oltre alle visioni, le malattie e la percezione della propria fragilità. E poiché il simbolo è un "collegamento operato fra le realtà visibili, per rendere comprensibili quelle che non si vedono" (così lo definisce un contemporaneo di Ildegarda, Riccardo da San Vittore), essa riesce, grazie alle capacità percettive ed intuitive così affinate, ad elaborare una visione d'assieme di tutta la realtà. Nella visione ildegardiana del mondo infatti i contenuti teologici, filosofici, naturalistici, medici, psico-antropologici, desunti da fonti diverse sono compresi unitariamente nel contesto intuitivo delle visioni, anziché sistematizzati dialetticamente, secondo il metodo delle scuole, che si veniva formando in quell'epoca. Ildegarda è dunque filosofa, ma in un senso particolare, diverso da quello che questa parola assume nel contesto scolastico, poiché il suo sapere è quello tradizionale acquisito nell’ambito delle relazioni monastiche.

E' particolarmente interessante rilevare che, come mostrano specialmente le recenti ricerche sulle opere scientifiche di Ildegarda, l'osservazione diretta sia del mondo della natura che dei fenomeni fisiologici e patologici del corpo umano permette, allo stesso modo della convinzione dell'origine divina delle visioni, una rielaborazione così personale dei contenuti della conoscenza da rendere estremamente difficoltosa l'identificazione precisa delle fonti, di cui pure è innegabile la presenza nell'opera ildegardiana. Proprio in questo carattere non scolastico della sua formazione, e nella modalità 'religiosa' del suo sapere che - comunque acquisito - riconosce la propria origine in Dio (cioè in un'istanza infinitamente più grande e sapiente della mente umana individuale) e si organizza a partire da questo riconoscimento, risiede il motivo del suo successo, favorito da Bernardo da Chiaravalle che combatteva strenuamente contro il nuovo sapere delle scuole
http://lgxserver.uniba.it/lei/filmed/ildegard/home.htm