La maggioranza silenziosa
e grigia di impiegati,capi e operai contrari alla lotta sindacale si manifesta
con una assemblea e un corteo
"Niente di
nuovo sotto il sole" ed.Pon Sin Mor - Torino-
2003- 500
copie
'niente
di nuovo sotto il sole'_ristampa 2012 pdf 1,5mb
in pochissime copie (con modifiche a
'schegge' e integrazioni)
Alcune_notizie_dopo_1980
pdf video piero_baral.wmv
tesi:
http://www.pinographic.altervista.org/Tesi-terrorismo-e-tute-blu,gli-Anni-di-Piombo-alla-Fiat.pdf
Mirco Calvano-2015
xTesi_Colpirne_61_per_educarne_102000_R_DESTRO_27nov.pdf
Raffaele Destro- 2017
https://www.youtube.com/watch?v=FpU7v68QEQQ
https://www.youtube.com/watch?v=IOO37mRhpI0
Dopo il
licenziamento dei 61 la direzione Fiat fece il blocco delle assunzioni,
l'attacco all'assenteismo e si dedicò ai grandi numeri nel 1980.
Quella che viene definita la tappa
decisiva nella grande fabbrica della “sconfitta operaia” era stata sancita a
livello di massa con il ‘referendum’ della marcia dei 20.000 capi, quadri,
impiegati... (definiti i ‘ 40mila’).
Chi mette in
evidenza questo passaggio, sovente non ammette quanto a lungo fosse stato
preparato nell’opinione pubblica, nei quadri e con adeguati investimenti che
cambiavano progressivamente faccia all’officina.
Questi
cambiamenti erano stati sovente ‘sollecitati’ dalla sinistra
‘riformista’ che aspettava di poter accedere al comando tecnico della
fabbrica, dopo aver ricevuto la delega nelle amministrazioni locali.
Il nuovo
operaio che sarebbe venuto fuori dalla ristrutturazione, sedato, ricattato e in
parte rimotivato coi ‘circoli di qualità’ e nuove mansioni, stava meglio
dentro la visione parziale del sindacato che da anni si batteva sul recupero e
la valorizzazione della ‘professionalità’.
Poi
arrivarono il contratto di formazione lavoro e tutte le decine di lavoro
precario giunte fino ad oggi...
intervista
con l'Avvocato- Lucio Dalla - 1976
videoyoutube
http://www.youtube.com/watch?v=fLPZkJ7rrC4#t=75
Agnelli1
Agnelli2
Agnelli3
Agnelli4
Agnelli5
Agnelli6
Agnelli7
Agnelli8
Agnelli9
Agnelli
10 anni dopo
http://www.alpcub.com/23_settembre_2006.htm 100 anni della
RIV (2006)
chi comanda Torino- audio
http://www.youtube.com/watch?v=j5L4IT1ISEQ
http://www.youtube.com/watch?v=z4msvtb2W9E
http://www.youtube.com/watch?v=vXVFXDGDCnw
http://www.youtube.com/watch?v=5WYdsPpJxpk
http://www.youtube.com/watch?v=nIgEU3oySxI
http://www.youtube.com/watch?v=hLm9ZKchpWY
rai tre soldi- dopo la Fiat http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-96fb0915-2fa5-46f5-895e-452f2981aa4d.html
http://www.carmillaonline.com/2015/02/19/senza-chiedere-permesso/
https://www.youtube.com/watch?v=tL9xbb3D6D8
FORMAT - "Gianni Agnelli, Un Re senza Corona"
Agnelli segreti/ Gigi Moncalvo
https://www.youtube.com/watch?v=cjmurbzShts
https://www.youtube.com/watch?v=GluwLstPQVk
https://www.youtube.com/watch?v=0NFdL6Pky2U
https://www.youtube.com/watch?v=qUSrkoqsznk
https://www.youtube.com/watch?v=YdFSP0y_Zd4
https://www.youtube.com/watch?v=dVa9RYIuKbs
https://www.youtube.com/watch?v=dV13XpJ7Hg4
https://www.youtube.com/watch?v=KNSSRcEW4hs
https://www.youtube.com/watch?v=-_ctVS2R8KA
https://www.youtube.com/watch?v=lu4AwXQ0mQE
https://www.youtube.com/watch?v=Kec3oy8jJVA
https://www.youtube.com/watch?v=OBEwZqMvE4A
i 61
Il punto d’inizio della narrazione è dato dal 9
ottobre del
1979, quando le direzioni di stabilimento consegnarono a
61
dipendenti Fiat la lettera di licenziamento. La
motivazione era
generica e uguale per tutti:
volantino
per il licenziamento
Alcune note a margine del libro sui
61
**** Questo libro è nato su spinta di un compagno, novello editore politico,
che visti alcuni miei scritti mi ha proposto di farne un libro. Avrei dovuto
evitarlo - penso col senno di poi- e non suscitare fantasmi e
sollevare temi su cui era necessaria (almeno da parte mia)una visione meno
individualistica e approssimativa. Uscì in stampa invece in alcune centinaia
di copie.
Pochi i miei scritti pubblicati, risalgono
al 1979 (volantino) , al 1985 (alcune pagine di commento) quando
avevo 'riordinato' le idee, per quanto potevo, dopo un lungo periodo di
inattività politica)e infine all'inizio degli anni duemila (vedi schegge
biografiche). Nel libro sono finiti tali e quali, come documentazione
varia di altri testi che mi sembravano utili per coprire alcuni dei temi da
me solo sfiorati. Non era stata curata una sia pur limitata introduzione ai
singoli testi proposti. Mancavano ad esempio approfondimenti sulla lotta
armata, le posizioni del sindacato e del Pci, quelle delle frazioni della
sinistra presenti in Fiat.
In parte le testimonianze di alcuni dei 61 riportate in fondo al libro,
toccano questi temi. Altri licenziati pur sollecitati non hanno
collaborato. La mia fretta di completare il libro ha certo limitato
l’approfondimento (e l'editing) ed è venuta a mancare una correzione e una
presa di distanza - per gli evidenti limiti personali . Il
materiale raccolto in questa pagina web può servire a una maggiore informazione.
***
La
mia formazione politica cominciò all’inizio
degli anni Settanta all’Indesit-
al circolo operaio di None (TO);imparammo
a leggere e commentare la fabbrica e la realtà più vasta alla luce
di alcuni testi dello ‘zio Karl’ o di ‘Carletto’ come veniva
soprannominato l’autore de Il Manifesto dei comunisti . Sotto la guida di
Orso , uscito dal PCI nei primi anni Sessanta, incominciamo ad imparare regole
di comportamento originali nella lotta di fabbrica, nella scrittura dei
giornalini 'settimanali' venduti ai lavoratori, nei confronti dei gruppi
extraparlamentari di allora e del PCI.
Si
possono riassumere come segue:
-
no all’idea che la classe operaia sia omogenea e pronta magari all’appello
alla rivoluzione da parte del ‘partito’ di turno, no alla delega ai
dirigenti a pensare e parlare a nome degli ‘iscritti’ o della base
elettorale, no alla battaglia per la propria ‘maglietta’ sindacale a spese
della possibile unità dei lavoratori, no al ‘tifo’ per la lotta armata e
per i Robin Hood che dicono che è arrivato il momento della rivoluzione e
iniziano a sparare sempre più in alto a nome della classe operaia;
no alla divisione tra chi studia e chi lavora, necessità di convincere
i lavoratori a unire alla disponibilità alla lotta l’impegno a farsi una
cultura. Impariamo che chi vuole la lotta più dura può rivelarsi un crumiro,
come pure che gridare al
‘contratto bidone’ o al ‘sindacato venduto’ non vuol dire essere
automaticamente disponibili a organizzarsi e
lottare in prima persona; inoltre che non si deve accettare ‘la
nomina a delegato a vita ( i senatori…), ma saper creare ricambi e saper
alimentare il dibattito e la partecipazione senza farsi delegare, e staccare
dalla produzione.
Impariamo
che la contraddizione tra borghese e proletario passa all’interno della
classe operaia e di ogni individuo, ma una cosa è dirlo e una cosa è
iniziare la propria rivoluzione personale.(Anni 1972-74)
Nel
1979 ero da tre anni a Rivalta*.In
Fiat questo mio retroterra era ormai sommerso e io stavo perdendo lucidità e
freddezza, isolato e prossimo all'esaurimento.
--------
*(Lo stabilimento Fiat Rivalta
nasce nell'anno 1968 nel territori di Rivalta di Torino a circa 15 chilometri
da Torino e dallo stabilimento Fiat di Mirafiori. Pur essendo posizionato nel
territorio di Rivalta, lo stabilimento è più vicino alla città di Piossasco
dalla quale dista poco più di 2 chilometri.
Iniziò a produrre per primo il fabbricato del reparto meccanica mentre si
costruivano gli altri reparti. Nel breve periodo di tre anni, dal 1968 al
1971, lo stabilimento raggiunse i 16.000 occupati tra operai ed impiegati.)
(pb- con correzioni 2020)
Togliattigrad-1970- Presse
https://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_Fiat
Testimonianza
di Giovanni Novaretti (nato nel marzo 1900) raccolta da Gianni Gili nel 1975,
nel Centro MultiMedia della Camera del Lavoro di
Torino
LOTTE
OPERAIE -- TORINO DAL 1900 (4)
LOTTE
OPERAIE-TORINO DAL 1900 )6)
https://www.youtube.com/watch?v=FpU7v68QEQQ 1973
https://www.dropbox.com/s/p53leb55059eom2/Per%20un%27analisi%20di%20parte%20III.pdf?dl=0
https://www.dropbox.com/s/ejdd06ew3nx32gx/Per%20un%20analisi%20di%20parte.pdf?dl=0
operai e teoria- estratto sui 61-
https://www.dropbox.com/s/2cxebag8hck68ng/Sul%20Comitato%20Nazionale%20Contro%20I%20Licenziamenti.pdf?dl=0
l'unità
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/la-marcia-dei-quarantamila/110/default.aspx
Ermanno Rea
Una serie di interviste dell'ISMEL
ismel-interviste-fiat-80 su
youtube
https://sindacalmente.org/content/erano-15-000-o-40-000/ la marcia
del 1980
LA_GERARCHIA_CONTESTATA_I_CAPI_FIAT_DAL_dopoguerra_alla_marcia_dei_quarantamila
Vincenzo Avellino *
* Questo saggio costituisce una rielaborazione dell’omonima tesi di
laurea discussa all’Institut d’Histoire économique internationale Paul
Bairoch dell’Università di Ginevra durante l’anno accademico 2015-2016 e
redatta sotto la direzione della prof.ssa Mary O’Sullivan.
sinistrainrete.info-Dalla Rivoluzione scientifica alla rivoluzione
industriale pdf
https://www.dropbox.com/s/zyao71nk77uqob5/Il-profitto-non-ha-patria_def.pdf?dl=0
http://operaieteoria.it/2021/12/il-documentario-grida-vendetta/ su
Marchionne
Convegno "Il futuro
dell'auto". Emiliano Brancaccio, economista - YouTube 2010
Convegno "Il Futuro
dell'auto". Wolfgang Schaumberg, Opel - GM - YouTube 2010
Loris Campetti: La Fiat di oggi che chiude con Torino : Inchiesta (inchiestaonline.it)
2014
https://www.radiopopolare.it/?s=novelli 2015
https://www.radiopopolare.it/podcast/torino-35-anni-fa-lo-sciopero-alla-fiat-e-la-marcia-dei-40-mila-intervista-con-diego-novelli-2/
https://www.infoaut.org/precariato-sociale/lettera-di-un-operaio-le-condizioni-in-fiat-dopo-il-piano-marchionne
https://www.youtube.com/watch?v=HhevO3MPdUs Marchionne: 5 regole per avere successo
https://www.pagellapolitica.it/articoli/quanto-e-cambiato-il-numero-dei-dipendenti-fiat-sotto-marchionne
2018
https://www.fiom-cgil.it/net/attachments/article/7199/iMec_1_2020.pdf
https://sindacalmente.org/content/lavorare-in-fca-oggi/
https://sindacalmente.org/content/ora-stellantis-amazon/
invito
2013
audio
http://www.pinographic.altervista.org/conversazione_5ott2013.mp3
1979 - Wikipedia
commento-
Mario Dellacqua appunti
D.Lepore
https://www.youtube.com/watch?v=65fgGekGOTI&t=170s Barry Commoner
https://www.raiplaysound.it/audio/2019/09/WIKIRADIO---Barry-Commoner---37e45a93-6fda-4be1-ab1e-f17282872e7c.html
Il
decennio rosso (machina-deriveapprodi.com) con video di 60 minuti
"Quando e come nasce la nuova sinistra in Italia? Prima del ’68, da chi era
rappresentata? Quali sono le radici del movimento del ’68-’69? Sono queste
le principali domande a cui il film-documentario
Il decennio rosso tenta di dare una risposta.
Il film è basato sul libro
Com’eri bella classe operaia di Romolo Gobbi, sulla preziosa
documentazione del Fondo Gobbi – oggi conservato presso l’archivio storico
del Comune di Viverone – ed è realizzato a partire dalle testimonianze di
alcuni primari interpreti delle lotte politiche e sindacali degli anni
Sessanta. (...)
lotte
selvagge nel 69- Giachetti
vogliamo
tutto- nanni balestrini
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_7_aprile
pdf - Rassegna
sindacale 1979
Saluteremo
il signor padrone videoyoutube
Michelino
- i 61
cronaca
dei 37 giorni del 1980 Fiat La
cronologia è tratta dal libro "Con Marx alle porte" a cura delle
Nuove Edizioni Internazionali
cap.5
'Passato Prossimo'- Fiat 1980- pdf Pierre Carniti
video- la
classe operaia dal dopoguerra ad oggi
Cremaschi-
lotte operaie fino al 1980-pdf
dal
77 all'80- link Archivio storico della muova sinistra
In genere i lavori erano ripetitivi e noiosi, talmente stupidi
che era necessario difendersi datanta stupidità. Racconta Adelina assunta nel 1979 ( una dei
61 licenziati nello stesso anno): "..il
lavoro ho cercato di viverlo in modo manuale, nel senso che non doveva assolutamente prendermi a livello di testa. Cercavo
di leggere il più possibile tra una macchina e l'altra, si parlava, si vedeva altra gente che magari mi veniva a trovare
da altre squadre. Non volevo farmi assorbire totalmente otto ore da questo lavoro, perché mi rendevo conto che queste
otto ore si mangiavano a poco a poco la mia vita".
FIAT
'98-2006 articoli di Renato Strumia da U.N. pdf
Lottare
alla Fiat - Renzacci - pdf
La
Ballata della Fiat videoyoutube
risultati
del 1969 -pdf
intervista
speciale
a Diego Giachetti su
L'autunno caldo -
COLLANA fondamenti -
2013, Ediesse......audio1.......audio2.........audio3.........audio4
Storia
della Fiat dal 1969 al 1989 -Lavorare in Fiat Marco Revelli
la
parabola operaia- revelli
Autunno
69: si ribellano gli operai, nascono i consigli - registrazione del
convegno del 21.11.09- Torino
Nella
sua impostazione politica la Fiat ha sempre teso a dimostrare un collegamento
tra violenza operaia, militanti rivoluzionari e terrorismo. La violenza
nei cortei interni ed ai picchetti è stata una componente innegabile
nell’esplosione delle lotte degli operai Fiat nei primi anni ‘70.
Un
clima di piombo- Renzacci
capitolo
'Terrorismo e fabbriche' da
'gli anni del terrorismo'- di Giorgio Bocca - pdf
schedature
Fiat
http://www.mirafiori-accordielotte.org/wp-content/uploads/2013/03/1979-Amendola.pdf
http://www.alpcub.com/fiat61_1979/lastampa_e_61licenziati_fiat.htm
CISCO-O
CARA MOGLIE videoyoutube
alcuni
documenti: Romiti, Gazzetta del Popolo,
Flm, Collettivi
articolo
di Giorgio Bocca su
Repubblica del 13.10.79-pdf
Estratti
del libro 'Niente di nuvo sotto il sole' Recensioni:
Dellacqua
/ Antoniello1/ Antoniello2
Caruso
/Riforma
audio
trasmissione su Niente
di nuovo sotto il sole - Radio Beckwith - Torre Pellice (2003)
http://www.pinographic.altervista.org/video/61fiat.mp3
audio
trasmissione su Niente
di nuovo sotto il sole - Radio Blackout-Torino
http://www.alpcub.com/61fiat_blackout.mp3
dopo
il licenziamento dei 61 - Vittorio Morero _Eco del Chisone - pdf
eco
la stampa 1 maggio 1980
ricordo
di Braghin- operaio 'speciale' - uno dei 61
video con Braghin
da http://www.mirafiori-accordielotte.org/:
Franco,
uno dei 61 - pdf
video
Ines Arciuolo
http://www.pinographic.altervista.org/video/ines.wmv
Processo
al sindacato - Giorgio Ghezzi- pdf - 3,6mega- link
Giorgio
Ghezzi-processo al sindacato link
Un anniversario dimenticato e il 1979 - Il Migliorista
Rai
1-2014-serial TV
Anni spezzati-l'ingegnere
1a parte
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-3bc66e68-5961-4273-94f2-839eb074198f.html
2a parte
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-65d585dc-da77-40fa-9339-cfb484271bfe.html#p=
NELLA FICTION- anni spezzati-
l'assalto alla scuola di amministrazione aziendale di Torino (11 dicembre)
viene messo prima del licenziamento ai 61 (8 ottobre). I 61 sono
presentati come contigui al terrorismo (linea Fiat). Nella seconda parte
si parla dei 14000 licenziamenti ma non della conclusione coi 23mila in
CIG o ore e della marcia dei capi come contro il terrorismo (invece che
contro lo sciopero sindacale). Sono solo alcuni dei temi che invitano a
una denuncia per diffamazione ( mio post su rai1)
piero
ANNI
SPEZZATI E DISPREZZATI
Ho visto in TV il programma “Gli anni
spezzati. L'ingegnere” su terrorismo, 61 licenziati e 35 giorni alla
Fiat di Torino. Sono rimasto sorpreso, cosa che di solito non mi capita da
anni. Il film è costruito in modo tale da contrapporre l'umanità dei
quadri, degli operai e della città fedele agli Agnelli all'assedio
congiunto ed eversivo del terrorismo e del movimento sindacale. Il
terrorismo non è rappresentato come una emanazione ultima e obbligatoria
della conflittualità (secondo la nota tesi dei demolitori del
sindacalismo consiliare), ma come il regista occulto del movimento
sindacale. Il salto interpretativo offerto al telespettatore è notevole.
Mi sono sempre illuso che anche nel cinema
potesse valere la regola che governa il romanzo storico, un misto di
storia e di invenzione, laddove l'invenzione, cioè la fiction è
un espediente utile a meglio comprendere lo spirito della realtà. Ma la
finzione dovrebbe esplorare la realtà, non scavalcarla con tanta
disinvoltura. Non c'è solo, come già segnalato da Piero Baral
l'anticipazione arbitraria dell'assalto alla scuola di amministrazione
aziendale che seguì e non precedette il licenziamento dei 61. C'è anche
la trasformazione della marcia dei cosiddetti quarantamila in
manifestazione "trasversale" contro il terrorismo, quando
invece fu un'azione di rottura consapevole del fronte sindacale in
sciopero e di sostegno della posizione aziendale: pur di mescolare il
terrorismo con i 35 giorni si posticipa l'esecuzione del sorvegliante
della Framtek Ala risalente al gennaio 1980. Per tutto il mese dei presidi
i gruppi della lotta armata non mossero un dito.
Aggiungo poi che la diffusione del
questionario antiterrorismo e il dibattito che lo accompagnò risale alla
primavera del 1979. Durante i presidi era un pallido ricordo e le
preoccupazioni erano altre.
Del fascino della violenza non ci siamo
ancora liberati. La lotta contro la violenza ci accompagnerà sempre, fin
quando vorremo lottare. E' chi non vuole lottare a cercare nella violenza
lo sbocco risolutivo delle ingiustizie sociali che subisce e delle
infelicità private che lo tormentano. Negare la violenza che serpeggia
tra le nostre debolezze è, a mio avviso, un puntuale regalo ai nostri
avversari. Ciò non deve impedirci di combattere le manipolazioni che
offendono le lotte sindacali, offuscano le buone ragioni degli sconfitti e
riducono gli operai a fantasmi muti e terrificanti.
Mario
Dellacqua
Vanessa
Roghi:
http://www.novecento.org/uso-pubblico-della-storia/vittime-gli-anni-settanta-e-la-tv-degli-ultimi-dieci-anni-533/#annidipiombo
“Non sono samurai
invincibili”
I terroristi sono isolati dal grosso della classe operaia, però sono
riusciti a penetrare in alcune zone calde
delle grandi fabbriche, scrive oggi Walter Tobagi sul Corriere della sera.
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4eccbaa8b1627
- 1980
cassintegrati
da morire:
Non
è solo la crisi di questi anni a stabilire una correlazione fra cassa
integrazione e suicidio. Fu all’inizio degli anni ’80, dopo la
sconfitta della lotta dei 37
giorni di Mirafiori, che queste tre parole cominciarono ad andare di
pari passo. Ripropongo alcuni scritti in ricordo delle vittime
di Agnelli, Romiti, e di tutti i loro servi che sfilarono nella
marcia dei 40.000.
http://www.bibliotecamarxista.org/antoniello%20donato/fiat%20mirafiori.pdf
http://www.autistici.org/operaismo/soave2/index_1.htm
dibattito fiom_13set2013.mp3
il
manifesto 15set2013
1968 http://www.raistoria.rai.it/articoli/il-68-in-italia/25792/default.aspx
1977 http://www.raistoria.rai.it/articoli/1977-storia-di-una-foto/26269/default.aspx
ascolta
Fiat 1980 immagini e documenti
di una lotta operaia /a
http://www.pinographic.altervista.org/video/fiat1980_a.mp3
Fiat 1980 - /b-
mp3
http://www.pinographic.altervista.org/video/fiat1980_b.mp3
immagini
dei picchetti C.Minoli
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-0520412c-0e68-423d-81bc-250c3d17542f.html
http://www.radioarticolo1.it/audio/2014/06/30/20904/operaio-in-mare-aperto-conversazioni-su-lotta-uguaglianza-liberta-in-studio-l-campetti
https://www.facebook.com/notes/frank-ficiar/sull-autunno-1980-alla-fiat-un-p%C3%B2-di-storia-da-sapere/10150622340052603?__mref=message_bubble
storia
del coordinamento cassintegrati Fiat - raffaello
renzacci pdf 3,2Mb
Con
quel licenziamento la Fiat intercettava una comprensibile voglia trasversale
di normalizzazione, assecondando l'inclinazione dell'opinione pubblica
moderata a "fare di ogni erba un fascio", stabilendo un nesso di
causalità tra la fisiologia del conflitto sociale nei paesi industrializzati
e la patologia della sua degenerazione nel terrorismo vero e proprio.
"Gli spari delle br", scriverà Marco Revelli, "non ruppero il
silenzio operaio. Contribuirono a renderlo più pesante", come se la
conflittualità sindacale - quella che storicamente ha funzionato da fattore
di accelerazione del progresso - fosse trattenuta dal timore di essere
fraintesa e criminalizzata
http://www.lacittanellacitta.it/
Questo sito vuole essere un primo passo
verso una storia più approfondita della fabbrica di Mirafiori, ma anche un
tentativo di storiografia industriale potenzialmente ampliabile a un contesto
più grande. Un primo passo che avrà ulteriori esiti, il più importante dei
quali sarà un documentario sulla storia dello stabilimento, realizzato con
le testimonianze raccolte con questa campagna di video-interviste.
c'era una
volta la fabbrica
http://www.pinographic.altervista.org/torino1.wmv
torino 2000
torino
senza fabbriche videoyoutube
idem
videoyoutube
torino_manifesto_1 pdf
torino_manifesto_2
pdf
torino_manifesto3.pdf
video-
tenda
digiuno Rivalta
video
Ines
Arciuolo
http://www.pinographic.altervista.org/video/ines.wmv
video
storia
di Ines
http://www.pinographic.altervista.org/video/storiadiInes.wmv
video
Caforio
http://www.pinographic.altervista.org/video/caforio.wmv
video
un capo ai cancelli
http://www.pinographic.altervista.org/video/capo.wmv
video
40mila
http://www.pinographic.altervista.org/video/40mila.wmv
c'era
una volta la Fiat- Revelli youtube
articoli
de l'Unità pdf
video Salerno/Arisio
video
Ferrara
Angelo
Caforio su radio radicale 18.10.79 audio
La
Fiat licenzia 61 dipendenti- radio radicale - Marco Boato - audio
dibattito-
radio radicale 26 ottobre 1979 - audio
Pansa,Caforio,Del Turco,Notarianni,Veronese,Annibaldi,
Assemblea
a Pinerolo sui 61- 1979 - pdf link
interpellanze alla Camera
18.10.79 - audio
radio radicale
il
teatro sugli anni di piombo -link
http://archiviostorico.corriere.it/2000/ottobre/13/Ferrara_nel_tra_Fiat_Pci_co_0_0010134237.shtml
di Stefano Musso - 1997 - Labor - 798 pagine
Nell'autunno del 1979, la direzione Fiat intuì la misura
del suo ... Una svolta nelle relazioni industriali: i 61
licenziamenti alla Fiat, Bari 1981. ...
TORINO - Nel 1979 Carlo Callieri era capo del personale di Fiat
auto. Fu lui, insieme ai vertici dell' azienda, a stilare
"Persino per Lama i 61 licenziamenti furono una storia
rivelatrice. ... lui un anno dopo mi richiamo'
|
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3 min 59 sec - 16 gen 2008 -
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LEGGE
30
Anche nella
sua versione maroniana infatti, questa legge ha rappresentato un
riconoscimento dell’esistenza di una fattispecie lavorativa diversa dal
modello standard. A suo modo, forse in maniera maldestra, ha cercato di
inserire elementi di tutela, ha legittimato per la prima volta il lavoro
postfordista ed il precariato come fenomeno strutturale – non come fenomeno
passeggero (un “flusso”), quale vogliono farlo apparire gli attuali uomini
di Governo ed i loro consiglieri. La legge Biagi non ha peggiorato la
condizione di precarietà, ha cercato di formalizzarla. Il “pacchetto Treu”
dei precedenti governi di centro-sinistra, quello sì, aveva dato via libera
ai processi di flessibilizzazione selvaggia nel mercato del lavoro. Pertanto
aver scelto la “legge Biagi” come obbiettivo di fondo di una lotta contro
il precariato sembra la classica riedizione delle imprese di Don Chisciotte
contro i mulini a vento. Bene o male la “legge 30” prende atto che le
posizioni di lavoro “atipiche” sono una componente costante, la cultura
ministeriale attuale le considera come l’acne giovanile. Ed alle donne
(soprattutto) e agli uomini che sono invecchiati a furia di contratti di
co.co.co., temporanei, stages, partite Iva e altri espedienti per vivere, sa
dire soltanto “pagate troppo poche tasse”! (S.BOLOGNA)
la destra
sociale_caldiron_introduzione pdf
la
classe operaia va in paradiso- spezzone
video
aprile 2000- Fiat
Rivalta- LA FABBRICA
TERZIARIZZATA- Mimmo Garetti Vittorio Rieser
Luigi Sartirano
se
non li conoscete.... fausto amodei videoyoutube
rivista
del manifesto: fiat
vent'anni
dopo- estratto da 'Restaurazione italiana' - di Polo e Sabattini - pdf
Chiappori pdf 1974
sergio
bologna Uscire dal vicolo cieco. Indizi di coalizione nel lavoro
postfordista
come
ho licenziato la Fiat- Pietro Perotti
la
paga dei padroni - il caso Fiat - Youtube
video
archivio Materiali
sparsi sulla FIAT -link
Precarietà
della politica- Loris Campetti - 21 ott.2009 doc
L'internazionale
di Franco Fortini video
youtube
intervista
a Revelli/l'attacco alla Fiom video
youtube
melfi
2004 video
altri video
http://www.youtube.com/results?search_query=melfi+fiat&search_type=&aq=f
valorizziamo
la lotta di Melfi-
dossier
IL
DOCUFILM su Pomigliano
di Lorenzo Maria Falco
Video
Fiat-Volkswagen: vita da operaio
2012
http://graziano-priotto.blogspot.com/2014/08/le-cifre-per-capire-e-smascherare-i.html
Ines Arciuolo: "Di
fronte al gravissimo avvenimento, il sindacato e la sinistra ufficiale
osservarono un
atteggiamento
schizofrenico: la Flm organizzò scioperi e assemblee; il Pci, i cui quadri
avevano partecipato a stilare la lista dei
“violenti” da far fuori, invitato da Romiti a osservare «un atteggiamento
responsabile», si defilò.
La risposta dei
lavoratori fu contraddittoria: gli scioperi di solidarietà riuscirono solo in
alcune
sezioni, ma
molti operai rabbiosi denunciarono l’atteggiamento ambiguo di alcuni
delegati. «Sono passati nelle squadre a
dirci di non fare sciopero perché la situazione è pericolosa» mi raccontò,
affranta, un’operaia della mia squadra. Nell’autunno
2000, in occasione delle celebrazioni per ilventennale, non sarà più un
mistero per nessuno che i dirigenti del Pci e alcuni delegati dello stesso
partito avevano partecipato
alla scelta dei nomi degli “elementi” da allontanare."
Ines Arciuolo faceva
parte dei 61, ha scritto un libro autobiografico da cui è tratto:
alla
Fiat - pdf -estratto da 'A casa non ci
torno'- Ines Arciuolo-
Stampa Alternativa 2007
dibattito
-sul libro di Ines- festa del PRC-Torino- mp3 audio
http://www.alpcub.com/ines_dibattito-.mp3
RECENSIONE di Rieser- pdf 2007-
www.nuovasocieta.it
recensione
su il manifesto dic-2007
RECENSIONE
di Flecchia - pdf 2007 - l'avanti
nella foto: Fiat 1980-33° giorno
signorina effe
<<< Una storia d'amore
per
raccontare la più irrisolta e più rimossa tra le vicende del movimento
operaio del '900 italiano. Quei 35 giorni di lotta alla Fiat che dividono e
danno ancor oggi fastidio. Ambientarci un film è già di per sé un atto di
coraggio. Così la prima cosa da chiedere a Wilma Labate, la regista di
Signorinaeffe, è persino scontata.
Perché l'autunno '80?
Perché allora finisce l'epoca delle lotte operaie e comincia quella che
viviamo oggi, l'epoca della flessibilità, della mobilità, della morte del
movimento, della morte del '68>>>>
signorina
effe
- film sul 1980/recensioni 2008- link
signorina
effe - video 124Mb
http://www.alpcub.com/signorina
effe.wmv
intervista http://lpp.opencontent.it/blog/?p=548
audio
audio
'Vent'anni
nel 68'-terzo anello - Wilma Labate
Signorinaeffe
- (video con regista1 ) -2008
Signorinaeffe-
(video con regista 2) -2008
Migliaia di morti e feriti
sulle strade (ogni anno: 9000 morti in Italia, più di 50000 morti negli USA,
più di un milione nel mondo; 40 milioni di morti dall'invenzione dell'auto a
oggi). Insomma ne uccidono ormai più auto e moto che le guerre. Ma i danni
all'ambiente, lo spreco di energia del sistema di trasporto individuale sono
un secondo problema enorme.
un
precursore Usa : Ralph Nader
Auto:la
strage quotidiana - link
la
città in cammino verso lo sviluppo sostenibile-
ascolta- link
vignette
sicurezza stradale
incidenti
stradali Ialia 2008 - video youtube
http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/2014/06/03/da-salerno-al-garigliano-3/
Arminio
https://www.legambiente.it/contenuti/dossier/malaria-2018
dossier
Pomigliano
La
cinquecento- Guido Viale (carta.org)-pdf
auto-discussione-
pdf
auto_06-26-2022.pdf
Italiani
e auto - il corriere 22.9.07 - pdf
evitare
il traffico inutile- link n+1
Conoscete
Karl Marx?-Rius
il
rosso è diventato giallo
video you tube
Niente di
nuovo sotto il sole
viene qui riprodotta
la prefazione di Diego Giachetti e quella dell'autore, Piero Baral
Prefazione
L’autore di
questo libro ha lavorato tre anni alla Fiat, nello stabilimento di Rivalta,
dal 1976 al 1979, anno in cui fu licenziato assieme ad altre sessanta persone.
Nel corso di una vita lavorativa come la sua, che lo ha portato a tanti altri
impieghi presso ditte e situazioni quei tre anni devono essere stati molto
intensi, vissuti, pieni, in grado ancora di offrire propellente e stimoli per
produrre un libro a più di vent’anni di distanza. Contribuisce a questa
callosità della memoria anche il finale traumatico del rapporto di lavoro: il
licenziamento, un evento periodizzante nella sua vita che ha lasciato una
cicatrice, ben rimarginata, ma pur sempre visibile, capace di far partire,
tutte le volte che si osserva, il motore della memoria. Tuttavia questo libro
non è mosso solo dall’intento del ricordare, del riproporre qualcosa del
passato, c’è in Baral un bisogno di capire che ancora oggi lo divora,
trovare cioè una contestualizzazione alla sua storia personale collocandola
in un quadro di spiegazione più ampio, di tipo storico-politico. Perché lui?
Perché i 61, non uno in più non uno in meno? Forse perché, come scrive
nella prima pagina mescolando pezzi della sua formazione chimico-scientifica e
classica, nella tavola di Mendelejev l’elemento con numero atomico 61 è il
promezio il cui nome deriva da Prometeo, quello che nella mitologia greca rubò
il fuoco agli dei per portarlo agli uomini e, per questo, fu punito
severamente.
Questa
ipotesi, suggestiva, è però subito abbandonata, non c’era nessun Prometeo
fra noi, dice. E neanche quello che accadde loro servì ad illuminare più di
tanto il mondo degli uomini che operavano alla Fiat. Caso mai, potremmo dire
alla luce dei fatti dell’anno dopo, quando la Fiat si liberò di migliaia e
migliaia di operai, col ricorso alla cassa integrazione a zero ore e alla
mobilità, nei 61 licenziati si trova, tanto per rimanere nel campo della
mitologia greca, un gesto premonitore di sventure che sarebbero seguite. Se
nessuno era Prometeo, molti furono, volontariamente o involontariamente,
Cassandre. Non una Cassandra sola, unica e compatta, ma tante, perché i 61,
ci ricorda, erano “esemplari variegati di operaie e operai”. Simili, se
osservati con categorie sociologiche e politiche, diversissimi se scomposti
per età, provenienza, storie personali, culture, mentalità, costumi.
Il
punto d’inizio della narrazione è dato dal 9 ottobre del 1979, quando le
direzioni di stabilimento consegnarono a 61 dipendenti Fiat la lettera di
licenziamento. La motivazione era generica e uguale per tutti, contestava
“un comportamento consistente nell’aver fornito prestazioni di lavoro non
rispondenti ai principi della diligenza, correttezza e buona fede e
nell’aver costantemente manifestato comportamenti non consoni ai principi
della civile convivenza nei luoghi di lavoro”. Generica e quindi
giuridicamente inconsistente, come stabilì subito la magistratura del lavoro,
alla quale i 61 fecero ricorso, e che impose la riassunzione. Riassunzione che
non ci fu, perché questa volta, con una seconda lettera di licenziamento la
direzione Fiat entrava nello specifico delle accuse per ognuno dei licenziati,
attribuendo loro contestazioni circostanziate e particolari. A questo punto i
ricorsi divennero individuali. Il sindacato offrì, previa la sottoscrizione
di una dichiarazione contro la violenza, il servizio del collegio dei suoi
avvocati, la maggioranza dei 61 scelse questa via, altri, una decina,
contestarono il provvedimento ricorrendo senza il patrocinio sindacale, Baral,
invece, non fece ricorso.
Contestualmente
ai licenziamenti la Fiat dichiarava il blocco delle assunzioni in quanto, come
diceva Cesare Annibaldi, direttore delle relazioni industriali,
“l’inserimento di nuovo personale in un clima come quello attuale
rischierebbe di compromettere l’indispensabile momento di riflessione
connesso all’esigenza di ripristinare in fabbrica un minimo di governo
[perché] il disordine all’interno delle officine è tale da rasentare il
collasso” («La Stampa», 11 ottobre 1979). La direzione Fiat intendeva
riportare l’ordine aziendale e produttivo in fabbrica e descriveva i suoi
reparti in preda ad un caos che durava da quando, con l’autunno caldo del
1969, era iniziata la “grande sarabanda”, per dirla con le parole
dell’avvocato Agnelli intervistato da «La Stampa» il 1° luglio 1999.
Quella stagione di lotte aveva segnato la fine dei precedenti “anni duri
alla Fiat”, secondo la bella frase che dà il titolo ad un libro scritto da
Emilio Pugno e Sergio Garavini per i tipi dell’Einaudi nel 1974. Anni duri
per i lavoratori e i sindacalisti torinesi s’intende, perché, invece, per
l’azienda i decenni Cinquanta e Sessanta furono anni di espansione,
produttività, profitti e nuovi investimenti. Per l’azienda Fiat gli “anni
duri” vennero dopo le lotte del ’68-’69 che ridefinirono, modificandoli
a favore degli operai, i rapporti di forza all’interno delle officine,
destrutturando il vecchio organigramma di comando che governava la produzione
e inserendovi elementi di controllo operaio sulla produzione espressi dai
delegati e da quello che negli anni Settanta si chiamava il sindacato dei
consigli. Certo comandavano ancora i padroni, “ma in condizioni nuove, per
la nuova composizione della classe, per le conquiste consolidate di condizioni
di lavoro e di vita. E il padronato punta[va] con decisione a liquidare le
esperienze di controllo operaio, e i consigli come strumento di democrazia
operaia”.
Alla
fine di quel decennio la direzione aziendale si mosse per riportare ordine nei
reparti, il che, sostanzialmente, voleva dire spezzare la forza di
contrattazione e di controllo su ritmi, tempi e produzione messa in campo dai
lavoratori mediante i consigli di fabbrica. Perché voleva modificare quei
rapporti di forza? Forse perché essi erano d’impedimento all’aumento
della produzione e la Fiat voleva incrementare la costruzione di automobili?
Non era proprio così. Più che sfruttare la forza lavoro alle sue dipendenze,
la Fiat aveva bisogno di ridurre il loro numero, per adeguarlo al calo della
produzione causato dalla crisi del mercato automobilistico che investiva
l’Europa e il mondo. Alcuni
mesi dopo i 61 licenziamenti, quando la polemica era sfocata, e ancora non si
sentivano palesemente le avvisaglie della lotta dell’autunno 1980 contro la
richiesta di mettere 23 mila operai in cassa integrazione, Umberto Agnelli,
amministratore delegato della Fiat, in un’intervista comparsa su «La
Repubblica» del 21 giugno 1980, poneva due condizioni per la ripresa
produttiva: la riduzione del numero dei dipendenti e la svalutazione della
lira: “oggi la Fiat ha impianti e uomini per produrre 1.800.000, forse 2
milioni di vetture. Ne facciamo un milione e mezzo. E l’anno prossimo
riusciremo a collocarne sul mercato ancora meno. In tutta Europa le vendite
sono sotto il 10% rispetto a quelle del 1979. Se non potremo ridurre
l’occupazione in modo sostanziale non avremo mai i bilanci in pareggio”.
Il
problema era quello e si trattava di gestirlo sapendo che la riduzione del
numero dei dipendenti avrebbe suscitato dure reazioni da parte dei lavoratori,
del sindacato dei consigli, della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM),
mentre con i Confederali, CGIL, CISL e UIL era possibile trattare, concordare,
cioè alla fine trovare un accordo. Si trattava di cominciare a saggiare
quelle forze, vederne la consistenza, possibilmente indebolirle, dividerle,
costringere la polemica contro l’estremismo della FLM, il sindacato dei
consigli, che serpeggiava ai vertici di CGIL, CISL, UIL e di una parte
consistente del PCI, a uscire allo scoperto, a dichiararsi.
La
Fiat non voleva certo liquidare il sindacato, anzi affermava, per bocca dei
suoi dirigenti, di volerlo più forte, nel senso di un sindacato capace di
governare la forza lavoro, non quello dei consigli che riteneva incompatibile
con gli obiettivi che si poneva per gli anni ’80. La nuova strategia legata
all’introduzione di nuove tecnologie richiedeva massima libertà di scelta e
rapidità di trasformazione, secondo le nuove esigenze di mercato: flessibilità
si direbbe oggi. La questione
centrale diventava la rottura della rigidità del mercato del lavoro a partire
dalla possibilità di licenziare, senza altra motivazione se non l’esigenza
di ristrutturare; si voleva introdurre la mobilità ad uso elastico, senza
vincoli o controlli; si voleva aumentare la produttività riducendo
l’assenteismo, introducendo nuovi turni, intensificando i ritmi; si cominciò
a parlare di regolamentazione dello sciopero assieme alle critiche allo
Statuto dei lavoratori troppo garantista nei loro confronti; si voleva la
libertà di selezione nelle assunzioni con l’eliminazione del controllo da
parte del collocamento. Più in generale, la ristrutturazione era una necessità
del capitale e delle aziende, ricordava un esponente autorevole del PCI,
Giorgio Amendola: “non si può pensare alla meccanizzazione,
all’automazione senza accettare la riduzione del numero degli operai
occupati per giungere ad una determinata produzione – riduzione certo
concordata, non imposta dal padrone, ma non rifiutata a priori dal
sindacato”.
La
crisi della maggiore industria automobilistica si manifestava in un contesto
in cui violentissima e cruenta era l’azione dei gruppi terroristi contro i
quadri aziendali: il 21 settembre 1979 uccidevano Carlo Ghiglieno,
responsabile dell’ufficio programmazione Fiat auto, il 4 ottobre ferivano
gravemente Cesare Varetto, responsabile delle relazioni sindacali delle
carrozzerie Mirafiori. I capi reparto, i capi officina e quadri intermedi,
quelli che al tempo di Valletta costituivano l’ossatura del comando della
fabbrica, alla fine degli anni Settanta si scoprivano demotivati, incerti
circa la loro funzione nell’azienda, abbandonati, sovente poco considerati
dai vertici dirigenziali. Effettivamente la struttura consiliare, basata sui
delegati eletti dagli operai, aveva via via sostituito molto delle funzioni e
dei poteri attribuiti in precedenza alla pletora dei quadri intermedi:
controllo dei tempi, dei ritmi, dell’impiego delle maestranze, dei permessi;
inoltre, la ristrutturazione del ciclo produttivo che la Fiat stava attuando
contribuiva a ridimensionare ulteriormente il loro ruolo e funzione. Montava
tra loro un malcontento e una protesta che l’azienda non intendeva certo
lasciare senza risposta, prima che essa trovasse magari
un riferimento tra i sindacati dei lavoratori, e che si manifesterà
l’anno dopo nella periodizzante “marcia dei 40 mila”. Il licenziamento
di 61 estremisti era, in quella situazione, un segnale forte indirizzato ai
quadri intermedi, quelli che più pativano l’ingovernabilità dei reparti,
come dicevano, causata dalla maggiore capacità contrattuale dei lavoratori e
degli strumenti sindacali che si erano dati.
L’equazione
che fu tratteggiata, soprattutto dai maggiori quotidiani nazionali, fu
abbastanza semplice e giornalistica: il conflitto in fabbrica – si scrisse
– aveva raggiunto livelli tali da essere “oggettivamente” in rapporto
col terrorismo, di qui l’equazione conflitto = violenza = terrorismo.
Giorgio Amendola, nel già citato articolo, la sposò con entusiasmo e durezza
espositiva: “chi può negare che vi sia un rapporto diretto tra la violenza
in fabbrica e il terrore? E perché il sindacato, i comunisti non hanno
parlato, denunciato in tempo quello che oggi viene rivelato?” Puntò poi il
dito contro determinati metodi di lotta, giudicati troppo violenti:
“occupazioni stradali, cortei intimidatori, distruzioni vandaliche di
macchine e negozi, stazioni occupate, autostrade ostruite, blocco degli
aeroporti”.
Così
il discorso si spostò dalla crisi Fiat e dalla ristrutturazione che stava
mettendo in atto, al dibattito sulle forme di lotta, lecite, illecite,
violente, e al legame tra lotta contrattuale e terrorismo. Scrisse all’epoca
Loris Campetti sul «Manifesto» del 16 ottobre 1979: “tra le forze di
sinistra e dentro il sindacato, si fa più attenzione a come denunciare le
forme di violenza in fabbrica che non a respingere i licenziamenti. Troppi
hanno paura di sporcarsi le mani con i licenziati: si fanno i distinguo, si
parla solo di difesa legale da parte di un collegio di avvocati del sindacato.
Il PCI accusa il sindacato di porre resistenze nelle iniziative contro il
terrorismo e richiama i suoi quadri che troppo si sono impegnati nelle
strutture della FLM e troppo poco come militanti comunisti, a rientrare nei
ranghi”.
Effettivamente,
di fronte al licenziamento dei 61 il sindacato e la sinistra manifestarono
esplicitamente divisioni e polemiche che già serpeggiavano da alcuni anni:
l’FLM e i sindacati torinesi, organizzarono scioperi e manifestazioni
pubbliche, mentre le confederazioni e il PCI – avvisati personalmente da
Cesare Romiti
prima dell’avvio dei provvedimenti e invitati dalla Fiat a tenere “un
atteggiamento responsabile” –, preferirono defilarsi, accusando i
sindacalisti torinesi e la FLM di essere “renitenti” nella lotta contro il
terrorismo e la violenza.
Negli anni successivi, a seguito delle indagini della magistratura, si scoprì
che dei 61 licenziati solo quattro erano in collegamento, o lo erano stati,
con gruppi terroristi.
Che
i vertici dei sindacati confederali e dei maggiori partiti politici fossero
stati preavvertiti dalla direzione Fiat, circa l’intenzione di procedere con
decine e decine di licenziamenti, era una voce diffusasi immediatamente nei
giorni seguenti le lettere di licenziamento, lo scriveva ad esempio Loris
Campetti sul «Manifesto» del 16 ottobre. Più tardi si sarebbe saputo, per
ammissione dei protagonisti, che la direzione Fiat aveva preparato da tempo la
sua mossa e aveva avvisato i sindacati: “prima di dare il via a quel
provvedimento avvertimmo i capi dei sindacati”, ricorda Cesare Romiti, e le
segreterie dei principali partiti. Durante quella riunione Umberto Agnelli
avvertì “che le condizioni dell’azienda [rendevano] imperativa una
risposta energica”, gli interlocutori ne presero atto, non opposero alcuna
obiezione se non la “preoccupazione per la reazione che un provvedimento
sensazionale” poteva provocare e consigliarono la “Fiat di presentare
circostanziate denunce alla magistratura”. Prima della consegna delle
lettere di licenziamento, in tutti gli stabilimenti i responsabili del
personale convocarono membri degli esecutivi dei consigli di fabbrica. “Tra
gli altri vennero convocati d’urgenza alle Presse di Mirafiori, Felice
Celestini e Gino Giulio, ai quali la direzione di stabilimento chiese di
tenere rispetto ai licenziamenti una posizione “responsabile” anche perché,
fece loro capire, l’operazione era stata concordata con importanti dirigenti
nazionali e locali sia del sindacato che del PCI”.
L’
FLM, invece, reagì, “siamo al 7 aprile della classe operaia – dichiarava
a «La Stampa», il 12 ottobre 1979, Veronese, segretario nazionale –. La
Fiat coglie l’occasione del riferimento alla battaglia contro il terrorismo
per colpire i lavoratori e recuperare spazi di libertà e arbitrio che aveva
perso, strumentalizza il discorso sul terrorismo per colpire un altro
bersaglio, le lotte, il sindacato, l’organizzazione operaia in fabbrica”.
Contro
i licenziamenti la FML organizzò il 16 ottobre del 1979 al Palazzetto dello
Sport un’assemblea di tremila delegati con la presenza dei segretari
nazionali delle confederazioni, Lama, Carniti e Benvenuto, nella quale venne
dichiarato per il 23 ottobre uno sciopero nazionale dei metalmeccanici e a
Torino di tutta l’industria. In quell’occasione, a nome dei 61 prese la
parola Angelo Caforio: “Dieci anni fa, proprio in questa stagione, in questo
palazzetto c’era un’assemblea simile a questa,
era intitolata però ‘Processo alla Fiat’, il processo alla
direzione che aveva sospeso novanta operai. Era l’autunno caldo”, ricordò,
e proseguì: “tra i 61 licenziati
molti rappresentano anche personalmente, fisicamente, la continuità con
quell’autunno caldo, hanno più di dieci anni di anzianità Fiat, altri sono
entrati invece negli ultimi due anni […]. Crede davvero la Fiat di aver
colpito il terrorismo? – si chiese avviandosi alla conclusione – No, non
lo crede, non ci pensa neppure. Sa però che la posta in gioco sono gli anni
’80, in fabbrica, a Torino, in Italia”.
Il
parallelismo tra l’autunno caldo del 1969 e, dieci anni dopo, “l’autunno
freddo” dei 61 licenziati, del terrorismo, della crisi, del compromesso
storico, dell’EUR era facile e utile da farsi, anche per segnalare la nuova
composizione di classe. I giovani che erano entrati alla Fiat in quegli anni,
con la riapertura delle assunzioni, – scrisse Pino Ferraris sul «Manifesto»
del 16 novembre 1979 – “esprimevano soggettività, culture, bisogni, comportamenti che si erano
strutturati nella lunga adolescenza e giovinezza “irregolari” dentro le
scuole di massa e nelle periferie urbane, tra gli stimoli dei mass media e il
nomadismo delle esperienze e che non conoscevano quasi altra trama di
socializzazione che non sia quella degli affetti e della vita emotiva dentro
la nuova famiglia estesa, i piccoli gruppi, le amicizie. Irrompe
l’irregolarità del bisogno di vita”. La grande fabbrica diventava un
laboratorio di conflitti e di mediazioni “tra generazioni operaie, tra uomo
e donna, tra cultura del lavoro e cultura dei bisogni”. Erano quelli che
Adalberto Minucci, della segreteria del PCI, con un’espressione infelice, ma
destinata a diventare categoria storica e sociologica, definì “il fondo del
barile” in un’intervista rilasciata a Lietta Tornabuoni a «La Stampa»
del 13 ottobre 1979 nella quale diceva: “dal 1973 la Fiat non sostituiva più
gli operai che andavano in pensione o si licenziavano. Negli ultimi due anni
il turnover è stato riaperto e mi risulta che a Mirafiori siano entrati negli
ultimi dodici mesi 12 mila nuovi assunti. Questo ha riportato la fabbrica ad
una realtà magmatica, un porto di mare con gente che entra senza avere
dimestichezza né a volte attitudine al lavoro e presto se ne va perché non
regge. Credo che in quest’ultima ondata a Mirafiori sia entrato un po’ di
tutto, dallo studente al disadattato, s’è proprio raschiato il fondo del
barile”. Un giudizio netto, intransigente che non lasciava molti spazi
d’interpretazione e che, certo, coglieva un aspetto importante della
questione: il mutamento della composizione della forza lavoro alla Fiat e
della sua coscienza di classe, come si diceva allora. Che qualcosa nella
coscienza dei lavoratori fosse cambiato lo avevano già intravisto due
ricercatori e militanti torinesi, Brunello Mantelli e Marco Revelli, che
avevano intervistato centinaia di operai nel corso dei 55 giorni del rapimento
di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978. Successivamente, sulla
composizione della classe operaia Fiat e sugli atteggiamenti verso il lavoro e
l’azienda, era stata pubblicata un’inchiesta dal titolo Coscienza
operaia oggi. I nuovi comportamenti operai in una ricerca gestita dai
lavoratori e, nello specifico, sulle caratteristiche dei nuovi assunti, la
ricerca di Silvia Belforte, Il fondo del
barile: riorganizzazione del ciclo produttivo e composizione operaia alla Fiat
dopo le nuove assunzioni.
Anche il PCI, nel 1979, aveva preso l’iniziativa di un sondaggio di massa
tra i dipendenti del gruppo i cui risultati furono pubblicati
l’anno dopo.
Da quel sondaggio emergevano dati importanti, ne segnaliamo due che riguardano
il tema che trattiamo. Alla domanda: “perché la Fiat ha licenziato i
61?”, il 28,9% rispondeva “per liberarsi dei violenti”, il 22,8% “non
sono affari miei”, il 20,9% “per sfidare il sindacato”, il 12,6% “per
colpire i più combattivi”. Alla domanda: “che cosa pensi della
collaborazione tra lavoratori e padroni?”, la distribuzione delle risposte
era la seguente: “è necessaria perché va a vantaggio di tutti” (44,4%),
“è possibile ma va contrattata” (29,4%), mentre il rimanente 29,4%
respingeva ogni forma di collaborazione.
Soprattutto
i dati relativi alle risposte alla seconda domanda, con quel 44,4% che
propendeva per la collaborazione con l’azienda furono presi ad esempio per
cominciare a dire che l’intera strategia sindacale andava rivista, corretta,
reimpostata. I 61 licenziati fecero divampare la discussione, il tema
sindacato o sindacato dei consigli si ripresentò tale e quale, ma con
maggiore intensità e drammaticità nel corso della lotta dei trentacinque
giorno del 1980. La sconfitta subita dai lavoratori con la firma
dell’accordo, dopo la fatidica “marcia dei quarantamila”, rappresentò,
per dirla con Piero Fassino la fine di “un’epoca della storia del
sindacato”, quello conflittuale e antagonista degli anni settanta. L’anima
antagonista andava sostituita, dice il segretario dei DS, con quella
contrattualista, questo esigeva una revisione profonda degli obiettivi, alcuni
andavano abbandonati, altri introdotti: “competitività, produttività”,
“adeguamento di diritti e condizioni di lavoro all’evoluzione della
struttura produttiva e dei mercati”, “part-time, mobilità interna e
esterna”. Superato ancora il difficile scoglio rappresentato dallo scontro
sulla scala mobile del 1984, per fortuna, nel 1993, – conclude Fassino –
finalmente il travaglio sindacale, apertosi sulla fine degli anni Settanta,
giungeva positivamente a termine con la concertazione e l’accordo del 23
luglio 1993.
Simili
affermazioni ci fanno ulteriormente capire che l’argomento sollevato dal
libro di Baral è “storico” nel senso pieno del termine, rappresenta uno
snodo di una vicenda ricca e intensa del movimento operaio italiano che si è
conclusa. Oggi gli interlocutori del segretario del maggior partito della
sinistra non sono i Baral e questi “tipi umani” non affollavano certo la
sala dell’Auditorium del Lingotto di Torino la sera del 7 ottobre 2003 per
la presentazione del libro di memorie di Piero Fassino. Al suo fianco c’era
l’attuale presidente della Fiat Umberto Agnelli e in platea tanti uomini
politici, sindacalisti, amministratori locali. Il presente ha dato ragione (ma
a quale prezzo?) a Piero Fassino e torto ai Baral, questo almeno ci consiglia
di credere il senso comune, l’apparenza. Un merito grande, filosofico,
critico hanno però le vicende raccontate da Baral e le testimonianze di altri
protagonisti da lui raccolte e assemblate nel libro, quello di ricordarci, per
dirla con Max Horkheimer, che “la denuncia di ciò che al presente viene
chiamato ragione è il più grande servizio che la ragione possa prestare”.
Diego
Giachetti