Iterazioni & reiterazioni nella letteratura popolare e nel fumetto

tesina di Simone Baral- 2006 

 

 

 

iterazione: [i-te-ra-zió-ne] Dal lat. iteratio¯ne(m), deriv. di itera¯re 'iterare' s. f.
1 (lett.) ripetizione
2 (mat.) procedura di calcolo che consiste nel ripetere più volte o indefinitamente lo stesso procedimento
3 in retorica, ripetizione di concetti o frasi con intenti stilistici.

 

reiterazione [re-i-te-ra-zió-ne] s. f.
1 (lett.) il reiterare, l'essere reiterato
2 procedimento stilistico per cui la stessa idea è variata e ripetuta (p. e. attraverso sinonimi o perifrasi); ripetizione.

  

Quando si è bambini, si tende a farsi raccontare o leggere la stessa storia numerose volte, preferendola a racconti di cui non si sa nulla. Un esempio di questa reiterazione “infantile” era riscontrabile nelle strisce del Signor Bonaventura, in cui l’acquisizione del milione, alla fine della storia. non modificava affatto la situazione dello stesso nell’avventura successiva, in cui si ritrova nuovamente sull’orlo della miseria. Nel corso di questa tesina affronterò la reiterazione in alcuni tipi di fumetto ed, in particolare, come questa viene “sfruttata” dagli autori.

Casella di testo:  Crescendo, il “desiderio di reiterazione” diviene più celato ed è ad esempio ciò che risiede dietro il successo del romanzo giallo: questo stesso genere, che si sarebbe tentati di catalogare come uno dei prodotti che soddisfano il gusto dell’imprevisto e del sensazionale, viene alla radice, paradossalmente, consumato proprio per le ragioni opposte, cioè come invito a ciò che è scontato, prevedibile. L’ignorare il colpevole è un elemento accessorio, quasi pretestuoso; tanto è vero che nel giallo d’azione (di cui esaminerò nelle prossime pagine due tra i maggiori esponenti, Hammet e Chandler) la tensione circa il colpevole molte volte non sussiste neppure; non si tratta di scoprire chi abbia commesso un delitto, ma di seguire alcuni gesti “tipici” di personaggi “tipici” di cui ormai amiamo i comportamenti. Su questi ultimi molti giallisti classici hanno fatto la loro fortuna: i tic di Sherlock Holmes, le vanità di Hercule Poirot, la pipa e i guai famigliari di Maigret, le orchidee di Nero Wolfe. Vizi, gesti, vezzi quasi nervosi che ci permettono di ritrovare nel personaggio un vecchio amico e che sono la condizione principale affinchè noi possiamo “entrare” nella vicenda.

Casella di testo:  Casella di testo:  Per esplorare questa “riproposizione” di personaggi, situazioni, temi e schemi narrativi partirò dai pulp-magazine americani, riviste di genere in cui apparivano personaggi stereotipati con caratteri “scolpiti con colpi d’accetta” ma nei quali era facile immedesimarsi, per poi perdersi con loro nei mondi che di episodio in episodio andavano a visitare.

L’ultima sezione è dedicata allo strutturalismo in linguistica e narratologia, dove ogni racconto e romanzo viene scomposto in parti elementari, eternamente ripetute e simili.

 

 

 

PULP MAGAZINES

 

Casella di testo:  Il termine “pulp” al giorno d'oggi viene usato per indicare un tipo di narrazione violenta, sincopa­ta, diretta e molto sanguinolenta, rilanciata da Pulp Fiction, il film di Quentin Tarantino del 1994. Ma questa accezione del termine racchiude solo una piccola parte dei generi che il Pulp rappresenta: avventura, mistero, fantascienza, azione, amore, western...

 

Quando, nell'ultimo decennio del XIX secolo, Frank Munsey rilanciò la rivista "Argosy", scelse di stamparla su "pulpwood scraps", ovvero su cartac­cia ottenuta con la polpa di legno, il materiale più povero ed economico possibile con cui andare in macchina.

Questo permise a lui, e a tutti gli editori che lo seguirono, di stampare immense quantità di pubbli­cazioni ad un costo risibile, puntando più sulla quantità che sulla qualità.

 

Casella di testo:  Tom Swift è tra i personaggi nati nella prima ondata di queste rivi­ste economiche, vendute al pub­blico per un "dime", dieci centesi­mi; nel 1910 la Grossett & Dunlap pubblicò "Tom Swift and His Motorcycle", per lo Stratemeyer Syndicate, ed il personaggio si rivelò subito un beniamino dei gio­vanissimi: con la sua variopinta compagnia di amici e parenti, e la sua mirabolante serie di invenzioni e gadget, il piccolo Tom combattè i cattivi, esplorò il mondo in lungo e largo e raggiunse anche lo Spazio. Nel 1941, dopo ben quaranta libri all'atti­vo, la sua prima serie ebbe termine; anche se il suo periodo d'oro terminò allora, le gesta di Tom Swift sono continuate fino ai giorni nostri, con altre tre serie.

 

Due anni dopo la prima apparizio­ne di Tom Swift debuttò un per­sonaggio di ben maggiore rilievo: Tarzan, il Signore Casella di testo:  delle Scimmie, creato da Edgar Rice Burroughs; nel 1912 sulla copertina di "The Ali-Star Story" campeggia un indo­mito selvaggio dalla fluente chio­ma nera e dallo sguardo di ghiac­cio , che si appresta ad uccidere un leone che tiene ben saldo per la gola. È questa la prima immagine che hanno i lettori di  "pelle bianca", prima di immergersi nelle sue origini nar­rate in "Tarzan of the Apes". Il fascino di Tarzan è dovuto al suo non essere sem­plice selvaggio nella giungla, ma anche un Lord inglese, combattuto tra i suoi due retaggi; questa invenzione narrativa, pur essendo poco originale, fece subito breccia nella fantasia del pubblico, che decretò l'e­norme successo del personaggio, presto trasposto nel cinema e nei fumetti, che ne ampliarono ancor di più la popolarità. Ogni generazione ha il suo Tarzan: nella prima metà del XX secolo c'è stato Johnny Weismuller che l'ha incarnato sullo scher­mo, nella seconda Burne Hogart ha raggiunto la vetta della sua splendida trasposizione nei comics, alle soglie del nuovo millennio la Walt Disney l'ha riproposto a cartoni animati per i bambini di oggi, rinfrescando un mito ormai immortale.

 

Casella di testo:  Un altro personaggio diventato un'icona leggendaria, ma que­sta volta come sinonimo di malva­gità e spietatezza, è Fu Manchu, creato dall'irlandese Sax Rohmer. Cosa ispirò Rohmer per creare la "nemesi gialla" non è dato da sapere con sicurezza, visto che lo stesso autore ne fornì almeno cin­que versioni differenti; quel che è, certo è che nel 1913 fu pubblicato nel Regno Unito "The Mistery of Fu Manchu", ristampato nello stes­so anno in America col titolo di "The Insidious Dr. Fu Manchu". Il racconto presentava il Mandarino Cinese come il capo di un'organizzazione segreta orientale atta a sottomettere il mondo occidentale. Il più temibile dei poteri di Fu Manchu era il suo sguardo ipnotico, capace di piegare alla sua volontà chiunque ne fosse caduto vittima; l'unico in grado di resistere a questa forza persuasiva era l'investiga­tore britannico Sir Dennis Nayland Smith.

Casella di testo:

Nel 1931 avvenne la svolta che moltiplicò le ven­dite di questo tipo di pubblicazioni: la Street and Smith Publications lanciò i "character magazine" , ovvero riviste tutte incentrate su un solo personag­gio. Il primo a debuttare fu "The Shadow, A Detective Magazine", che riscontrò un successo immediato, esaurendo l'intera tiratura in un solo giorno: la nuova strada era aperta, e tutti gli editori si lanciarono sul mercato.

Il termine "pulp" passò dall'essere un semplice dato tecnico a sinonimo di questi magazine, di solito con una foliazione dalle 114 alle 162 pagine in bianco e nero (anche se "bianco" era un eufemismo per quel. tipo di carta). Le edicole erano affollate almeno da duecentocinquanta  titoli diversi,  coprivano i più disparati temi del Fantastico.

 

Sulla scia del successo di "The Shadow" della Street and Smith, la rivale Popular Publications lan­ciò un suo clone, "The Spider ­Master of Men!", che uscì dall'om­bra nell'ottobre del 1933, col rac­conto "The Spider Strikes".

Casella di testo:  The Spider nella vita pubblica era il ricco Richard Wentworth, ma nella sua identità segreta combat­teva boss della mala o criminali di strada; il tono delle storie cambiò col terzo numero: dopo i primi due scritti da Reginald Thomas Maitland Scott, i successivi furono ideati da Norvell Page (con lo pseudonimo di Grant Stockbridge), che rese The Spider tanto efferato da far sembrare l'odierno Punisher una maestrina delle elementari. Nella sua identità segreta Wentworth non esitava ad uccidere chiunque gli si frapponesse, fosse anche un ignaro passante, se lo riteneva necessario. Il luogo in cui condurre i criminali non era la prigione, ma la tomba, e per tomba si intendeva qualunque lurido vicolo in cui The Spider potesse piantare una pallotto­la in mezzo agli occhi del malvivente. Le sue pistole ruggirono per 118 numeri, fino al dicembre del 1943.

Casella di testo:

Ma i pulp non erano solo san­gue e ombre: nell'ottobre del 1933 decollò "G-8 and H is Battle Aces". Creata dall'ex pilota Robert Jasper Hogan, ed ambientata durante una fanta­scientifica I Guerra Mondiale (dove la Germania ha allungato il proseguio del con­flitto per undici anni, e minaccia il mondo occiden­tale con zombie, teste volanti e bestie umane), la serie narrava le avventure dell'eroico aviatore G-8 e della sua incredibile squadriglia.

Tanto erano speciali i piloti che volavano al fianco della più grande spia aerea americana, tanto lo erano i loro nemici: Herr Doktor Kreuger era il "tipi­co" scienziato pazzo, un genio nel campo scientifi­co, che conduceva i più efferati esperimenti in nome della sua amata Germania; Herr Stahlmaske aveva una maschera d'acciaio che nascondeva il suo volto sfigurato in battaglia da G-8. Dalla maschera spuntavano solo i suoi occhi ipnotici, bru­cianti rabbia ed odio contro gli americani; Herr Grun aveva l'aspetto di un mostro preistorico, e per questo odiava qualunque forma di bellezza o nor­malità. Questo suo odio l'aveva portato a rinnegare il suo paese natale, gli Stati Uniti.

Questi ed altri avversari diedero del filo da torcere a G-8 per 110 missioni, fino al dicembre del 1942, quando la loro I Guerra Mondiale infinita era diven­tata anacronistica.

 

Negli anni '30, un altro strenuo difensore dell'American Way of Life fu Jimmy Christopher, "Operator 5" dei servizi segreti. Frederick C. Davis (sotto lo pseu­donimo di Curtis Steele) ideò il personaggio per la Popular Publications, e ne narrò le gesta in quarantotto racconti, divisi in due serie. La prima, durata circa venti­ quattro numeri, non si discostò troppo dai classici racconti della bizzarra fantascienza pulp; la secon­da, iniziata nel giugno del 1936, e proseguita per 13 capitoli, fu quella che rese celebre l'agente segteto. Operator 5 si trovò ad affrontare la "Purple Invasion" messa in atto dall'Imperatore Maximilian I di Balkaria che, dopo aver conquistato l'Europa e l'Asia, invase l'America e mise a ferro e fuoco la costa orientale, radendo al suolo New York e facen­done il proprio quartier generale. Gli eventi si sus­eguirono sempre più cataclismatici; tra le altre cose, gli ufficiali dell'esercito americano tradiscono il loro paese, il Presidente degli USA si suicida, il I Canale di Panama viene distrutto, una piaga batte­rica viene rilasciata sopra Salt Lake City, l'armata purpurea abbatte San Francisco e Pittsburgh, l'e­sercito rivoluzionario americano passa al contrattac­co e cattura l'Imperatore, le orde mongole conqui­stano Chicago e liberano il tiranno ed i goti attacca­no la Grande Mela. Alla fine, in un colossale e deci­sivo scontro a New York, gli americani riescono a sgominare le truppe purpuree, ma tutta l'America del Nord giace in rovina (a questi incredibili eventi fa riferimento Warren Ellis, quando Jimmy ricorda di aver appena fermato un'invasione).

Casella di testo:  Questa monumentale epopea di settecento ottanta­mila parole fu giustamente definita la "Guerra e Pace" dei pulp.

 

Tutti i sunnominati eroi ebbero il loro vasto pubblico, ma l'unico personaggio che riuscì a rivaleg­giare in popolarità con "The Shadow" fu Doc Savage, l'Uomo di Bronzo.

Doc esordì nel marzo del 1933 nel racconto "The Man of Bronze" scritto da Lester Dent, su idea ini­ziale di Henry W. Ralston e John L. Nanovic della Street & Smith. Doc Savage è il soprannome di Clark Savage Jr, un uomo che deve il suo appellativo al fatto di avere un fisico che sembra scolpito nel bronzo. Ma l'enor­me forza fisica non è la sua sola qualità, visto che Doc possiede un'intelligenza smisurata e delle capacità incredibili di controllo sul suo corpo; nono­stante questi incredibili poteri, Doc si circonda di valenti amici e collaboratori per combattere l'eterna lotta contro i pericoli che minacciano l'umanità: la banda di Savage è composta da Theodore "Ham" Marley Brooks, uno dei più bravi avvocati usciti da Harvard, John "Renny" Renwick, ingegnere dotato di una notevole forza bruta, William Harper Littlejohn, tra le più alte autorità nel campo della geologia e dell'archeologia, Thomas "Long Tom" J. Roberts, esperto di elettricità e, infine, Andrew "Monk" Blodgett Mayfair, un genio della chimica con un corpo scimmiesco. Partendo dal loro quar­tier generale sito all'ottantaseiesimo piano di un grattacielo a Manhattan, questi prodi compirono ben 181 missioni (di cui 165 scritte da Dent!) in un arco di tempo compreso tra il 1933 ed il 1949.

 

Frank Munsey, l'uomo da cui si può dire sia partito tutto, ci ha lasciato una preziosa frase su cui riflettere, il segreto del successo dei Pulp: "La sto­ria vale molto di più della carta su cui è stampata". Una lezione che purtroppo oggi sembra persa, in un mare di fumetti "cool" - pubblicati su carta patinata, lucida, splendida, con copertine rigide e piene di effetti speciali - ma vuoti nei contenuti, impalpabili : destinati a resistere per anni all'usura del tempo, nelle loro belle buste protettive, ma senza lasciare traccia nella fantasia dei lettori.

 

 

 

 

 

BLACK MASK
a detective pulp magazine

Casella di testo:  Black Mask was a pulp magazine launched in April 1920 by H. L. Mencken and George Jean Nathan to support the loss-making but prestigious literary magazine Smart Set. Mencken was a well-known literary journalist and sometime poet; Nathan a drama critic. They had been financially successful with another pulp money spinner of theirs called Parisienne, which itself had been followed by an erotic stablemate called Saucy Stories. Keeping Smart Set solvent was always their priority, and there had initially been plans to follow up Saucy Stories with an all-Negro pulp.

Casella di testo:  These plans were scrapped in favor of Black Mask. It was a purely commercial venture, in direct contrast to Smart Set, and its first issue was not even devoted exclusively to crime. In an open attempt to cater to as wide a readership as possible, Black Mask initially offered "Five magazines in one: the best stories available of adventure, the best mystery and detective stories, the best romances, the best love stories, and the best stories of the occult." The few pages devoted to detective stories offered little that was special. It was all standard, English-influenced mystery. Despite the poor quality of Black Mask's early issues, Mencken and Nathan quickly made a return on their initial $500 investment. Eight issues after its successful launch, they sold the magazine to its publishers Eltinge Warner and Eugene Crow for $12,500. After their departure, Black Mask was colonized by a new school of tough crime writers, under the direction of an imaginative and inspired.new.editor,.Joseph.Shaw.
Shaw was an unsuccessful adventure story writer who was appointed editor of Black Mask in 1926. Through nepotistic contacts in New York, he was placed in charge of a magazine with which he said he "had not even a bowling acquaintance." He nevertheless approached his task with vocational verve. His editorial agenda demanded clarity and plausibility. He once said, "We always held that a good story is where you find it regardless of author fame or medium of publication. It has been said that with proper materials available, a good mouse trap can be built anywhere."

Casella di testo:  Shaw often wrote editorials for the magazine on subjects such as the jury system and gun control. He believed strongly in the moral responsibility of crime fiction. Specifically, he believed that crime fiction could promote the ideal of justice on the increasingly lawless streets of America. It could show criminals for the spineless villains they were, and restore the tarnished image of law enforcement. The reason so many of Black Mask's fictional law enforcers were private detectives rather than policemen was more than partly due to a growing public distrust of the police. Although it was Shaw who nurtured the realistic detective element of Black Mask, it had been before his 10-year tenure, in the issue of May 15, 1923, that the magazine had published what is considered to be the first ever tough private detective story - Three Gun Terry by Carroll John Daly.

Daly followed Terry Mack with a detective called Race Williams and it was this violent and wisecracking character who really set up the prototype for the hard boiled sleuth. The detective stories appearing in Black Mask grew more violent, the style harder, the dialogue blacker, and the wit.dryer.

Under Shaw, this crude but immediately successful type of story was made a priority. He spent a week reading through Black Mask back issues. He decided that the best writers were those producing detective stories and, as a result, decided to drop most of the rest. He outlined his plans for Black Mask in a 1927 editorial. "Detective fiction as we see it has only commenced to be developed. All other fields have been worked and overworked, but detective fiction has barely been scratched.

The focus of inspiration for Shaw, his writers, and the readers who backed this new-look Black Mask was Dashiell Hammett. He alone seemed to have first realized the full potential of hard boiled detective fiction beyond its gunslinging appeal. As an ex-Pinkerton detective turned self-taught writer, Hammett was uniquely qualified to give his characters the three dimensions of which other.writers.of.the.tough.detective.story.were.largely.incapable.

Hammett's first story in Black Mask was "The Road Home", published in December 1922 under name Peter Collinson. In the December 15, 1923, issue, Erle Stanley Gardner's first story "The Shrieking Skeleton," appeared under the pen name Charles M. Green. "Black mailers Don't Shoot" was Raymond Chandler's first story, published in 1933.

 

  

 11-01-1936

In piedi da sinistra:Raymond J. Moffatt*, Raymond Chandler, Herbert Stinson, Dwight Babcock, Eric Taylor, Dashiell Hammett
Seduti da sinistra: Arthur Barnes, John K. Butler, W. T. Ballard, Horace McCoy, Norbert Davis

 

 

 

DASHIELL HAMMETT

Casella di testo:
L’autore

Casella di testo:  Hammett fu un uomo la cui personalità oscurava le sue creazioni, un uomo che, quando si dedicava alla scrittura lo faceva con un impegno totale. Si racconta che Hammett, da sempre avvezzo ad una vita sregolata e piena di eccessi, al momento di iniziare un nuovo lavoro, chiudeva ogni contatto con vizi e mondanità per dedicarsi alla scrittura in una sorta di eremitaggio. Viene descritto da chi l’ha conosciuto come un maniaco perfezionista, attento alla scelta di ogni singola parola e addirittura fissato sulla precisione della pagina battuta a macchina. Samuel Dashiell Hammett nasce nel 1894 a St. Mary County nel Maryland. All'età di quattordici anni è costretto ad abbandonare gli studi a causa della precaria situazione finanziaria della famiglia. Dopo alcuni anni passati a svolgere i lavori più svariati (da operaio per le ferrovie ad agente di cambio), all'età di venti anni viene assunto dalla Agenzia Investigativa Pinkerton, contattata attraverso un annuncio pubblicitario. Nel 1918 si arruola nel Motor Ambulance Corps dell'esercito americano. E' in questo periodo, siamo durante la prima Guerra Mondiale, che in seguito ad una influenza, si ammala di tubercolosi. Nel 1919 riprende il suo lavoro di investigatore per la Pinkerton, ma sempre a causa della tubercolosi si vede costretto ad una serie di ricoveri ospedalieri. In ospedale conosce una infermiera che diverrà sua moglie ed insieme a lei si stabilisce a San Francisco, dove riprende a lavorare per la Pinkerton fino al 1922. A questo punto, sempre perseguitato dal suo stato di salute, abbandona definitivamente l'attività di detective e si dedica alla scrittura a tempo pieno.
Inizia così a pubblicare una lunga serie di racconti su rivista, prima per "Smart Set" e poi su "Black Mask", con cui inizia a collaborare nel dicembre del 1922.
Nel 1923 scrive il primo racconto con il personaggio Continental Op, che comparirà in 28 racconti e due romanzi. Dal 1929 si dedica soprattutto a un altro investigatore privato, Sam Spade, che diventerà uno dei personaggi più celebri del romanzo giallo americano. Dopo aver scritto il suo quinto e ultimo romanzo, si mise a lavorare per il cinema e si dedicò all'attivismo politico di sinistra. Nel 1942 riuscì ad arruolarsi di nuovo, nonostante la tubercolosi, e fu inviato con il rango di sergente nelle Isole Aleutine, dove curò un giornale dell'esercito. Quando tornò in America era affetto da enfisema e il suo alcolismo era peggiorato. Nel 1948 riuscì a liberarsi dal vizio dell'alcool, ma iniziò a pagare per le sue idee politiche. Per aver contribuito in qualità di tesoriere a un fondo per la cauzione di sospettati comunisti in attesa di processo, fu processato e costretto a testimoniare sui nomi dei contribuenti al fondo. Hammett rifiutò di testimoniare e fu condannato a sei mesi di carcere per oltraggio alla corte. Al suo ritorno in libertà scoprì che il suo nome era sulle "liste nere": Hollywood troncò ogni rapporto di lavoro con lui e le trasmissioni radiofoniche basate su materiale dello scrittore furono sospese. Fu di nuovo citato in tribunale contro lo stato, per una causa di tasse arretrate che si chiuse con la confisca di ogni suo bene. Hammett si ritirò in solitudine, in stato di povertà, vivendo da solo fino al 1956, quando il continuo aggravarsi della sua salute lo costrinse, malgrado il proprio orgoglio, a trasferirsi in casa della Hellman. Successivamente la tubercolosi si trasformò in cancro e diede inizio un'agonia destinata a protrarsi fino al 10 gennaio 1961 quando Hammett morì in un ospedale di New York. Come veterano di due guerre mondiali, fu sepolto al cimitero nazionale di Arlington.

 

Casella di testo:  I personaggi

Continental Op - Il protagonista di moltissimi racconti del primo periodo di Hammett è l'anonimo "Continental Op" (Continental Operator), un detective privato al servizio dell'Agenzia Continental, fisicamente grassoccio e cinico di carattere.
I casi in cui è coinvolto sono narrati in prima persona con uno stile didascalico, freddo e distaccato di cui Hammett fu maestro. Le trame per queste storie venivano ricavate da casi veri di cui lo scrittore stesso fu testimone o che gli venivano raccontate da altri colleghi. E' proprio da quel bagaglio di esperienze vissute che Hammett ricava una sintesi stilistica di aderenza alla realtà, il tutto unito ad uno stile personale, asciutto, secchissimo e privo di fronzoli. L'insieme di questi fattori (la dote personale abbinata ad una reale conoscenza "dell'ambiente") impongono Hammett come maestro e padre del genere "Hard Boiled", a cui in seguito si ispirò Raymond Chandler per il suo Marlowe.

Casella di testo:  Casella di testo:  Sam Spade - Il terzo romanzo di Hammett, The Maltese Falcon (Il Falco Maltese) del 1930, vede come protagonista il detective privato Sam Spade.

Questo personaggio diventerà il simbolo stesso dell'autore, come Philip Marlowe per Chandler. Nota curiosa è il fatto che, al contrario di Chandler, che dedicò tutti i suoi romanzi al personaggio, Sam Spade appare solo in questo romanzo e in alcuni racconti. A contribuire alla fama di Spade è stata certamente la perfetta interpretazione, nella versione cinematografica del romanzo, ad opera di Humphrey Bogart (che fu altrettanto perfetto in altra sede nei panni di Marlowe) nel film diretto da John Houston nel 1941. Ma il motivo principale resta indubbiamente la caratterizzazione fornitagli dall'autore: Sam Spade è ancora più cinico, freddo e calcolatore dei precedenti personaggi creati da Hammett. La sua maggior dote è l'abilità diabolica di manipolare ogni cosa a proprio favore e la disinvoltura nel barcamenarsi in complicatissime situazioni, ricorrendo alla menzogna e al raggiro. E' quanto di più ambiguo si potrebbe immaginare nei panni "dell'eroe positivo". Certamente Spade è motivato da una propria morale, regolata da un proprio codice d'onore. Ma la vera filosofia di vita di Spade, la radice del suo pensiero, è la sopravvivenza ad ogni costo in un mondo la cui visione è altrettanto pessimistica quanto quella mostrata anche da alcuni autori contemporanei. Mai come in questo caso la trama del romanzo diventa relativa di fronte ad un personaggio che regge da sè la narrazione, nulla togliendo ad una storia ottimamente congeniata.

 

RAYMOND CHANDLER

 

 

Casella di testo:  L’autore

 

Raymond Chandler fu per alcuni il più grande, per altri il più decadente, ma sicuramente, all’unanimità, il più romantico fra tutti i romanzieri hard-boiled. Nato il 23 luglio 1888 a Chicago, Illinois, da padre Quacchero e madre Irlandese, visse con la madre divorziata e compì i suoi studi in Inghilterra, facendo ritorno negli Stati Uniti, stabilmente, solo alla fine della Prima Guerra Mondiale. Negli anni che precedettero la Grande Crisi, in veste di funzionario amministrativo e contabile, Chandler viaggiava su e giù per la costa occidentale intento a controllare i bilanci e le spese per conto di una serie di piccole, ma floride, compagnie petrolifere. I tempi in cui le giornate trascorrevano serenamente in compagnia di poeti e dei loro versi, di compagni di College e dei Classici della letteratura, erano lontani. Lontani anche i giorni spesi presso l’Ammiragliato Inglese nel servizio civile e quelli della Guerra, trascorsi in Francia e in Inghilterra prestando servizio nel Corpo di Spedizione Canadese. Da poco morta la madre, cui era attaccatissimo, si era sposato il 8 febbraio 1924 con Pearl Cecily Bowen di diciassette anni più grande e divorziata da quattro. Ormai era uno stimato uomo d’affari che percorreva la costa per amministrare gli interessi dei suoi clienti. Durante le monotone e solitarie serate trascorse in alberghi anonimi di città che non conosceva, era solito ammazzare il tempo leggendo, anzi divorando, i racconti pubblicati dalle riviste popolari del tempo: SmartSet, BlackMask, Dime Detective Monthly. Racconti d’azione e di delitti , scritti spesso con scarse pretese letterarie ma non per questo privi di una loro efficacia e di uno stile proprio ben riconoscibile. L’ avvento della Grande Crisi però era alle porte a minacciare questa rassicurante stabilità. Le piccole compagnie indipendenti iniziarono a chiudere i battenti, e la disoccupazione raggiunse percentuali fino ad allora mai viste. Trovare un lavoro era decisamente impresa ardua e fu così che Chandler decise di provare a scrivere lui stesso qualche storia da vendere ai giornali , sul genere di quelle lette tante volte sui Pulp Magazine. Dobbiamo immaginare che la conoscenza che ne aveva, unitamente agli studi umanistici compiuti non gliele facesse sembrare irraggiungibili. Dashiell Hammett, che scriveva racconti su Black Mask, era tra i suoi preferiti e così decise di Casella di testo:  cimentarsi sulla scia di questi, proponendo il suo primo racconto. Chandler fu sempre uno scrittore lento, tra il 1933 ed il 1939 scrisse soltanto 19 romanzi 'pulp' ( al contrario della maggior parte dei suoi fin troppo prolifici colleghi ). Nel suo quarto romanzo “Killer in the rain” Chandler introduce il personaggio che lo avrebbe reso famoso, il detective Philp Marlowe. Trentotto anni, cinico ma profondamente onesto Marlowe e' una sorta di cavaliere dei tempi moderni. Appare in 9 romanzi, ma il migliore  (e certamente il piu' famoso, anche grazie alla trasposizione cinematografica fatta nel 1946 dalla Warner Bros con H.Bogart e L.Bacall) e' sicuramente The Big Sleep del 1939. Anche se inizialmente passo' abbastanza inosservato, oggi The Big Sleep e' considerato una delle pietre miliari della letteratura hard-boiled americana. Raymond Chandler ebbe occasione di collaborare parecchie volte con Holliwood, ma non fece mai mistero di non trovarsi a proprio agio nell'ambiente del cinema, pur apprezzandone i vantaggi economici. I produttori del resto ricambiavano questa diffidenza, intimoriti dalle tematiche dei suoi romanzi che, spesso, trattavo di sesso, corruzione, pornografia ed omosessualita'. Chandler non si riprese mai completamente dalla morte della moglie nel 1954, si trasferi' in Europa ( dove incontro' fra gli altri Ian Fleming - il padre di 007 - e Lucky Luciano ). Mori' il 26 Marzo 1959 all'eta' di 71 anni.

 

Casella di testo:  Il personaggio

Philippe Marlowe - Marlowe non è un duro nel senso dei personaggi di Hammett, ma può diventarlo all’occasione, può essere un uomo pericoloso ma sempre dotato di un forte senso di solidarietà, cinico ma generoso, pronto a incassare, ma subito dopo a restituire i colpi ricevuti. Il sapore amaro che spesso sente in bocca è dovuto essenzialmente al fatto che, nonostante tutto, il marcio che lo circonda è qualcosa a cui non si è ancora assuefatto, e che continua a disgustarlo. E’ sempre pronto, se il cliente gli va a genio e sempre a 25 dollari al giorno che al massimo arrivano a 40, a lanciarsi anche in imprese che difficilmente potranno rivelarsi adeguatamente remunerative, rispetto ai rischi che comportano, ma il suo senso dell’onore accompagnato da una forte tendenza a schierarsi dalla parte del più debole e a contrastare l’ingiustizia lo guidano a percorrere anche le strade più strette e più ardue…..”e comunque senza mai parlarne troppo” ( R.Chandler, saggio “The simple art of murder” 1944). Sa molto bene che non può cambiare il modo in cui vanno le cose, che non può ripulire il mondo da quella patina di sporco che lo ricopre né cambiare le regole di un gioco che sempre più spesso prevede la sopraffazione e la Casella di testo:  violenza come modus operandi, ciononostante continua a provarci solo per impossibilità ad agire diversamente. Ama, da uomo sano, le donne, l’alcool, il tabacco ma ancor di più di questi ama le sue regole etiche che riesce a non tradire mai. E’ un abile giocatore di scacchi e a volte si cimenta in lunghe partite notturne solitarie, riproducendo incontri famosi tra professionisti. E’ decisamente un solitario, anche se le presenze femminili nella sua vita si alternano con una discreta frequenza, eppure nell’ultimo romanzo prende moglie. La sua Crociata consiste nell’essere lì ancora a provarci, facendo del proprio meglio per combattere l’ingiustizia e la prevaricazione, pur ben sapendo che non si può svuotare una vasca con un contagocce. La metropoli non muta il suo carattere vizioso e decadente, il mondo in cui viviamo non è dei migliori, e sull’ Umanità è difficile illudersi ancora, ma è qui che viviamo ed è qui che prestiamo la nostra opera. Per quanto la lotta sia impari, esiste un solo fronte su cui schierarsi.

 

 

 

 

 

 

La nascita di Superman

 

Il pianeta Kripton sta per essere distrutto da una catasrtofe cosmica e il padre di Superman, abile scienziato, è riuscito a mettere in salvo il proprio figlio mettendolo su un veicolo spaziale. Cresciuto sulla terra, Superman si trova dotato di poteri sovrumani: la sua forza è illimitata, può volare alla velocità della luce e possiede una vista a raggi x. Ma non è finita qui, egli infatti è buono, bello, umile e servizievole: la sua vita è dedicata alla lotta contro le forze del male e la polizia ha in lui un collaboratore instancabile. Superman però decide di vivere tra gli uomini sotto le mentite spoglie del giornalista Clark Kent; e come tale è un tipo apparentemente pauroso, timido, di mediocre intelligenza, un po' goffo, miope, succube della collega Lois Laine che lo disprezza, essendo pazzamente innamorata di Superman. Clark Kent sta al lettore tipico medio, assilatto da complessi e disprezzato dai suoi simili come Superman sta ai miti antichi, a icone archetipiche, somma di aspirazioni collettive. Questa doppia identità è fondamentale per il successo del personaggio: se da una parte l'eroe positivo deve incarnare oltre ogni limite pensabile le esigenze di potenza  che il cittadino comune nutre e non può soddisfare, dall'altra parte il lettore riesce facilmente ad identificarsi nell'alter-ego giornalista, pieno di problemi.

 

La serializzazione del mito

Casella di testo:

Prenderemo ora in analisi le avventure di Superman apparse su comics o strips dalla sua prima apparizione fino al primo dopoguerra; successivamente con la cosiddetta silver age dei comics il linguaggio dei fumetti e la loro struttura hanno subito tali cambiamenti e sviluppi da non essere assimilabili a quelli antecedenti.

Come abbiamo visto, Superman possiede tutte le caratteristiche di un personaggio mitologico anche se opera in un contesto attuale e viene proposto serialmente al pubblico.

Nella tradizione storica e popolare, il “mito” ha una serie di avventure che tutti conoscono e queste vengono riproposte all’infinito (con qualche abbellimento romanzesco, ma il contenuto non cambia). Ad esempio quando veniva raccontata la storia di Orlando Paladino, il pubblico non si aspettava di ascoltare una nuova vicenda ma pretendeva di sentirsi raccontare in modo piacevole un mito, ripercorrendo lo sviluppo conosciuto ogni volta in modo più ricco ed intenso.

Casella di testo:  I fumetti ed i personaggi che appaiono in essi, invece, nascono nell’ambito di una civiltà del romanzo, in cui l’interesse del lettore è incentrato sulla vicenda e su ciò che non conosce di essa (anche se come visto nell’analisi dei romanzi gialli resta comunque un desiderio di reiterazione a livello inconscio ma più legato al personaggio che alla vicenda in sè).

 Il personaggio mitologico del fumetto (in questo caso Superman) si trova quindi in una situazione singolare: egli deve essere un archetipo e quindi deve necessariamente immobilizzarsi in una sua fissità che lo renda facilmente riconoscibile; ma poiché è commercializzato nell’ambito di una produzione romanzesca ed è consumato da lettori abituati a tale struttura narrativa, egli deve piegarsi allo sviluppo caratteristico del personaggio del romanzo.

I soggettisti di Superman si trovano però davanti altri problemi: egli infatti è il tipico personaggio che nulla può contrastare, rischia quindi di essere un eroe senza avversario; per precise ragioni commerciali (il pubblico non è abituato a seguire una vicenda per più settimane e perciò le sue avventure si esauriscono nel giro di poche pagine) non possono essere elaborate storie troppo impegnative ed a lunga gittata.

Casella di testo:  Vengono così escogitati espedienti che al giorno d’oggi possono far sorridere per la loro ingenuità: Superman viene indebolito dalla kriptonite, un metallo che proviene dal suo pianeta natale (il nemico di turno cercherà quindi in tutti i modi di farne incetta per sconfiggere l’eroe); nulla può inoltre contro la magia dello gnomo Mxyzptlk che può essere ricacciato nella propria dimensione solamente facendogli pronunciare il proprio nome al contrario.

Casella di testo:  Se questi accorgimenti risolvono il problema dei nemici e della short-story, nulla possono contro il tempo che passa. Superman è mito (e perciò inconsumabile) a condizione di essere immerso nella vita quotidiana, nel presente, legato alle nostre stesse condizioni di vita e di morte anche se dotato di facoltà superiori. Superman immortale non sarebbe più uomo, ma dio, e l’identificazione del pubblico con la sua doppia personaltà cadrebbe nel vuoto. Egli deve dunque rimanere incosumabile e tuttavia consumarsi secondo i modi  dell’esistenza quotidiana.

 

Per ovviare a tale problema le storie di Superman vengono fatte svolgere in una sorta di clima onirico in cui risulta molto difficile per il lettore (e in alcuni casi anche per l’autore) capire cosa sia venuto prima e cosa dopo, e chi racconta riprende sempre il filo della vicenda come se si fosse dimenticato di dire qualcosa e volesse aggiugere particolari a quanto aveva già detto. Vengono quindi proposte a lato delle avventure di Superman quelle di Superboy e Superbaby (vale a dire Superman da ragazzo e da piccolissimo). Ad un certo punto si scopre che Superman ha una cugina, Supergirl, scampata anch’essa al disastro di Kripton; le vicende dell’eroe vengono perciò raccontate nuovamente tenendo conto di questo personaggio. Attraverso la posta dei lettori prendono poi forma i primi “What if…?” ad esmpio “cosa succederebbe se Superman sposasse Lois Lane?” che offrono illimitati spunti narrativi. A tal proposito nascono in seguito veri e propri “elseworld” cioè mondi paralleli in cui qualcosa è successo in maniera differente. Fondamentali per concludere il discorso sono i cossiddetti “untold tales” avvenimenti già raccontati ma di cui si era trascurato di dire qulcosa. Questi non sono altro che le “aggiunte” fatte dai cantori raccontando i miti popolari e quindi la reiterazione di storie gia conosciute con l’inserimento di piccoli arricchimenti.

 

 

 

Casella di testo:  Casella di testo:

 

Esaminiamo infine Krazy Kat di George Harriman, apparso nelle edicole statunitensi tra il 1911 e terminato nel 1944 con la morte dell’autore.

 

Casella di testo:  I protagonisti sono tre: un gatto , dal sesso imprecisato, probabilmente una gatta; un topo, Ignatz Mouse; un cane in funzione del poliziotto, Offsa Pop. Un disegno singolare per certe sue sforate surrealistiche, specie nei paesaggi lunari e improbabili, fatti apposta per sottrarre la vicenda ad ogni verosimiglianza. La situazione: il gatto ama follemente il il topo e il topo, malefico, odia e tiranneggia il gatto, di preferenza colpendolo alla testa con un mattone (Tavole 1, 2 e 3). Il cane cerca in ogni momento di proteggere il gatto (Tavole 3 e 4), ma il gatto disprezza questo suo amore senza riserve; egli ama il topo ed è sempre pronto a giustificarlo (Tavola 4). Da questa situazione, assurda e senza particolari situazioni comiche, l’autore traeva una serie infinita di variazioni basandosi su un fatto strutturale che è di fondamentale importanza per la comprensione del fumetto in genere: la storia giornaliera o settimanale, la striscia tradizionale, anche se racconta un fatto che si conclude nel giro di quattro vignette, non funziona presa a sé, ma acquista ogni sapore solo nella sequenza continua e testarda che si snoda, striscia dopo striscia, giorno per giorno. Non solo ogni puntata esaurisce una vicenda, ma la “saga” ne suo complesso trae valore proprio dal sistema reiterativo con cui le varie vicende concluse si addensano una sull’altra, da un lato portando all’esasperazione alcuni elementi fissi, dall’altra giocando proprio sulla riconoscibilità di tali elementi e non usandoli come artifizi per coordinare la memoria del lettore, ma come veri e propri oggetti di un’ironia cosciente. In Krazy Kat la poesia nasceva da una certa cocciutaggine lirica dell’autore che ripeteva all’infinito la sua vicenda, variando sempre sul tema, e solo a quel patto le cattiverie del topo, la pietà senza ricompense del cane e il diperato amore del gatto raggiungevano quella che a molti critici parve una vera e propria condizione di poesia.

In un fumetto del genere lo spettatore, non sollecitato dalla gag straripante, dal riferimento realistico a caricaturale, da un qualsivoglia appello al sesso o alla violenza, sottratto quindi alla routine di un gusto che lo portava a cercare nel fumetto il soddisfacimento di determinate esigenze, scopriva così la possibilità di un mondo esclusivamente allusivo e un gioco di sentimenti non banali.

 

 

 

 

 

 

   

 

                        Tavola 1                                              Tavola 2                                              Tavola 3                                              Tavola 4

 

 

 

LO STRUTTURALISMO IN LINGUISTICA E NARRATOLOGIA

Ferdinand de Saussure distingue tra langue e parole (in italiano: tra lingua e parola), cioè tra il linguaggio come sistema, che preesiste qualsiasi singola lingua, e l'espressione linguistica, quella che effettivamente i parlanti utilizzano. In altri termini, la langue rappresenta l'aspetto sociale del linguaggio, il sistema linguistico che ognuno di noi inconsciamente condivide con tutti i parlanti della propria lingua; la parole rappresenta la realizzazione individuale della langue.

Questa distinzione sta alla base di tutte le successive teorie strutturaliste. Infatti, gli studi linguistici strutturalisti si caratterizzano per avere, come oggetto, il sistema che implica qualsiasi tipo di campo umano di significato, e non le realizzazioni individuali. Secondo Saussure, le parole non sono simboli che corrispondono agli oggetti del mondo che ci circonda (i referenti), ma segni costituiti da due parti: il significante e il significato. Il significante è la parte concreta, tangibile del segno (suoni, disegni, inchiostro, gesti, ecc.); il significato è il concetto racchiuso nel segno (quello che si "pensa" vedendo o sentendo la parte concreta del segno). Ad esempio: al semaforo, il significante "colore rosso" è legato al significato "fermarsi", e il significante "colore verde" al significato "avanzare". Altro esempio: con un campanello, il significante "suono driiin" è legato al significato "aprite la porta". Ancora: su un libro, le macchie d'inchiostro "Ciao" sono legate al significato di "saluto".
Il filosofo americano C. S, Peirce ha distinto tra tre tipi di segno: quello "iconico" (che assomiglia al suo referente; per esempio il disegno di una nave), quello "indessicale" (che mantiene una relazione, possibilmente causale, col referente; per esempio le nuvole come segno della pioggia), e quello "simbolico" (che non ha nulla a che fare col referente).
Nonostante queste distinzioni, rimane il fatto che il segno è arbitrario: anche il più iconico tra i segni è stato convenzionalmente (e dunque arbitrariamente) scelto per rappresentare un certo referente.

I primi studi strutturalisti si sono concentrati sull'analisi dei fonemi, cioè delle parti più piccole del sistema linguistico dotate di significato. Il concetto principale di questo modo di concepire il linguaggio è quello di considerarlo come un sistema in cui ogni elemento si oppone ad un altro elemento; un sistema perciò costituito da opposizioni binarie.
La teoria linguistica strutturalista è estesa da Roland Barthes a tutte le pratiche sociali. Ogni campo dell'umano si caratterizza dunque per avere singole ed individuali realizzazioni (o espressioni) di un sistema generale originario. Se è vero che ogni sistema col tempo può cambiare, lo strutturalismo si basa sull'idea in ogni dato momento esso possa essere studiato così come si presenta. Per questa ragione lo strutturalismo è uno studio sincronico (e non diacronico) dei fenomeni umani.

Gli strutturalisti considerano la letteratura come un sistema che ha molte affinità col sistema linguistico. In effetti, la letteratura veicola i suoi significati attraverso l'uso del linguaggio. Perciò la teoria narratologica strutturalista si basa su presupposti molto simili alla teoria strutturalista del linguaggio. Così, come in linguistica si divide il linguaggio nelle sue diverse parti costitutive (fonemi, morfemi, ecc., ecc.: in breve, in elementi sintattici), anche la narratologia divide il testo nelle sue parti costitutive: agente, azione, ecc.: nasce la sintassi narrativa.

Vladimir Propp sviluppa la sua teoria delle fiabe russe a partire da questa concezione sintattica del testo. Oltre ad individuarne i soggetti principali (l'eroe, il cattivo, l'aiutante, ecc.), egli ne enuncia anche le parti fondamentali: "un difficile compito assegnato all'eroe"; "risoluzione del compito"; "ricognizione dell'eroe"; "denuncia del cattivo"; "punizione del cattivo"; "premiazione dell'eroe tramite matrimonio e ascesa sociale".
Queste funzioni narrative sono applicabili a quasi tutti i tipi di testo, e non solo alle fiabe, anche se soltanto dopo un'adeguata rielaborazione.

Casella di testo:  L'antropologo strutturalista Claude Lévi-Strauss analizza il mito di Edipo secondo criteri strutturalisti. Egli individua le unità minime del mito e le chiama mitemi, organizzandole secondo opposizioni binarie (proprio come le unità del linguaggio come i morfemi, i fonemi.ecc.).
A. J. Greimas offre un'interessante rielaborazione della teoria di Propp: invece di soffermarsi unicamente su un solo genere narrativo, come la favola, egli allarga le funzioni narrative in modo da costituire una "grammatica" narratologica universale. Le sue categorie binarie sono: 1. Soggetto/Oggetto; 2. Destinatario/Destinatore; 3. Aiutante/Oppositore; ecc. Ad ognuna corrisponde un momento (o una parte) della narrazione: 1. Desiderio, ricerca, o compito; 2. Comunicazione; 3. Supporto o impedimento ausiliare.
In questo senso Greimas è più "strutturalista" di Propp, perché riorganizza le funzioni narratologiche inserendole tutte in opposizioni binarie, mentre Propp le considera tutte in relazione le une con le altre.

Egli, inoltre, riduce le 31 funzioni individuate da Propp a sole 20, e le raggruppa in 3 categorie: sintagmi contrattuali (in cui si stabiliscono regole o si stipulano contratti), sintagmi performativi (in cui si svolgono azioni) e sintagmi disgiuntivi.
Tzvetan Todorov svolge un lavoro di rielaborazione dei lavori di Greimas e Propp. Egli distingue tra sequenza e testo.

Un gruppo di proposizioni forma una sequenza. La sequenza-base è costituita da cinque proposizioni che descrivono un certo stato che viene disturbato e poi nuovamente ristabilito in una forma alterata. Una successione di sequenze forma un testo.

Gérard Genette parte dall'analisi dell'opera di Proust intitolata A' la recherche du temps perdu per approfondire la distinzione tra storia e plot - o fabula e intreccio.
Egli divide la narrazione in tre livelli: storia, discorso e narrazione. Ad esempio, nel romanzo La coscienza di Zeno: Zeno è colui che racconta la storia (livello della narrazione), il personaggio la racconta tramite un discorso verbale (livello del discorso), e il suo discorso rappresenta una serie di eventi in cui lui appare come personaggio (livello della storia).
Questi tre livelli sono legati a tre aspetti narrativi, che Genette individua a partire da tre qualità verbali: tempo, modo e voce. In particolare, la distinzione tra modo e voce chiarifica la nozione di "punto di vista", che spesso erroneamente viene intesa mescolando le due cose. Secondo Genette, mentre, di fronte a un testo, la domanda «qual è il personaggio su cui è focalizzata la narrazione?» o «chi vede?» appartiene al problema del modo, la domanda «chi è il narratore?» o «chi parla?» appartiene invece al problema della voce.

 

 

 

 

 

ROLAND BARTHES

Casella di testo:

Vita e Opere

Roland Barthes nacque a Cherbough, in Normandia. Dopo la morte del padre in una battaglia navale nel 1916, la madre, Henriette Binger Barthes, si trasferì a Bayonne, dove Roland trascorse la sua infanzia. Nel 1924 si trasferirono a Parigi, dove egli frequentò prima il liceo Montaigne (1924-30) e poi il Louis-le-Grand (1930-34). Nel 1927, Henriette diede alla  luce un figlio illegittimo, Michel Salzado. Quando i nonni di Roland si rifiutarono di aiutare sua madre dal punto di vista economico, questa mantenne la sua famiglia lavorando come rilegatrice di libri. Alla Sorbona, Roland studiò la letteratura classica, le tragedie greche, la grammatica e la filologia, laureandosi in letteratura classica (1939) e grammatica e filologia (1943). Nel 1934 contrasse la tubercolosi e trascorse gli anni dal 1934 al 1935 e dal 1942 al 1946 in dei sanatori. Durante l’Occupazione, si trovava in un sanatorio a Isère. Numerose ricadute gli impedirono di terminare la sua tesi di dottorato, ma egli continuò a leggere avidamente, fondò una compagnia teatrale e incominciò a scrivere. Fu insegnante in dei licei di Biarritz (1939), Bayonne (1939-40), Parigi (1942-46), all’Istituto Francese di Bucarest (1948-49), all’Università di Alessandria d’Egitto (1949-50) e alla Direzione Generale degli Affari Culturali (1950-52). Dal 1952 al 1959 lavorò come ricercatore al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica, dal 1960 al 1976 fu direttore degli studi presso l’Ecole Pratique des Hautes Etudes. Negli anni 1967-68 insegnò alla John Hopkins a Baltimore, e dal 1976 al 1980 ebbe la cattedra di semiologia al Collège de France. Nel 1953 pubblicò Il grado zero della scrittura: il libro fu dapprima pubblicato sotto forma di articoli nella rivista di Albert Camus, “Combat”. Quest’opera confermò Barthes come uno dei critici di maggior rilievo della letteratura modernista in Francia e introdusse il concetto di écriture in quanto distinto dallo stile, dal linguaggio e dalla scrittura. Quest’opera aveva molte affinità con quelle degli scrittori del nouveau roman. Egli fu il primo critico a definire gli obiettivi degli scritti di Alain Robbe-Grillet e Michel Butor. Inoltre, considerò le condizioni storiche del linguaggio letterario e ribadì la difficoltà di una pratica moderna di scrittura: dedito al linguaggio, lo scrittore è immediatamente assorbito in ordini discorsivi particolari.

In Michelet par lui-même (1954), una biografia di Jules Michelet, storico del XIX secolo, Barthes si concentrò sulle ossessioni personali di Michelet e ritenne che esse fossero parte del suo modo di scrivere e che dessero una realtà esistenziale ai momenti storici collegati alla scrittura dello storico. In Mitologie (1957), impiegò dei concetti semiologici nell’analisi dei miti e dei segni nella cultura contemporanea. I suoi materiali di studio erano costituiti da quotidiani, film, spettacoli, mostre, a causa della loro relazione con l’abuso ideologico. Il suo punto di partenza non risiedeva nei giudizi tradizionali e nello studio delle intenzioni dell’autore, ma nel testo stesso in quanto sistema di segni, la cui struttura soggiacente forma il significato dell’intera opera. Un’agenzia di pubblicità trovò i suoi lavori talmente interessanti che lo persuase a lavorare per un breve periodo come consulente per la Renault.

Lo studio Su Racine (1963) originò qualche controversia a causa del giudizio non ortodosso di Barthes nei riguardi di Racine. Raymond Picard, professore della Sorbona e studioso di Racine, criticò nella sua Nuova critica o nuova impostura? (1965) la natura soggettiva dei saggi di Barthes. Per tutta risposta, in Critica e verità (1966), Barthes auspicava che una “scienza della critica” potesse sostituire la “critica universitaria” perpetuata da Picard e dai suoi colleghi. Barthes raccomandava inoltre che il criticismo diventasse una scienza e mostrasse che i termini e gli approcci critici sono connessi all’ideologia della classe dominante. I valori di chiarezza, nobiltà e umanità, considerati come base ovvia per ogni tipo di ricerca, secondo lui costituivano in realtà una censura nei confronti di altri tipi di approcci.

Durante la sua carriera, pubblicò saggi più che studi veri e propri, presentando le sue opinioni sotto forma di aforismi soggettivi e non di ipotesi teoriche. Ne Il piacere del testo (1973), egli sviluppò ulteriormente le sue idee sulle dimensioni personali in relazione al testo. Analizzò anche il suo desiderio di leggere secondo le sue preferenze, le sue avversioni e le sue motivazioni associate a tale attività. L’impero dei segni (1970) fu scritto dopo che egli visitò il Giappone e tratta dei miti di quel paese.

In Elementi di semiologia (1964), organizzò le sue opinioni a proposito della scienza dei segni, basandosi sul concetto di linguaggio e sull’analisi del mito e del rituale di Ferdinand de Saussure. Barthes fornì poi la sua applicazione più approfondita della linguistica strutturale in S/Z (1970). Analizzando punto per punto una novella di Balzac, Sarrasine, considerò l’esperienza della lettura e le relazioni del lettore in quanto soggetto nei confronti del movimento linguistico all’interno dei testi. Secondo lui, la critica classica non aveva mai considerato debitamente il lettore. Ma il lettore è lo spazio dove tutti i molteplici aspetti del testo si incontrano. Infatti, l’unità di un testo non risiede nella sua origine, ma nella sua destinazione. Lo studio diventa il punto focale e il modello per una critica letteraria a più livelli, grazie alla sua concentrazione analitica sugli elementi strutturali che costituiscono l’insieme letterario.

L’ultimo libro di Barthes fu La camera chiara (1980), in cui la fotografia viene considerata in quanto mezzo di comunicazione. Fu scritto nel corto lasso di tempo tra la morte della madre e la propria. La fotografia, e soprattutto i ritratti, erano per lui “una magia, non un’arte”. Durante la sua vita, egli visse sempre con o vicino a sua madre, la quale morì nel 1977, mentre Barthes morì più tardi a Parigi, in seguito a un incidente stradale avvenuto il 23 marzo del 1980. Pubblicato postumo, il libro Incidenti (1987) rivelò l’omosessualità dell’autore e le sue passioni segrete.

 

Il Pensiero

Casella di testo:  Tra gli anni 40 e la fine degli anni 50, Barthes insegnò per brevi periodi a Bucarest, in Egitto e a Parigi. In quell’epoca, pubblicò importanti opere critiche, quali Il grado zero della scrittura, Michelet par lui-même, Mitologie e una moltitudine di saggi autorevoli sul teatro, il nouveau roman e altri temi. Nel 1960, ottenne un posto più stabile all’Ecole Pratique des Hautes Etudes (EPHE) a Parigi, dove, nel 1962, divenne Direttore degli Studi in “Sociologia dei segni, dei simboli e delle rappresentazioni”. Il suo incarico all’EPHE corrispose a una seconda fase nella sua carriera. Già critico e intellettuale insigne, incominciò da allora a pubblicare lavori di rilievo nell’ambito dello strutturalismo e della semiologia. Gli ultimi saggi nei suoi Essais critiques trattano soprattutto dei cambiamenti che questi movimenti stavano apportando alle nozioni accademiche e intellettuali della critica, della letteratura e dell’interpretazione. Durante gli anni 60, egli pubblicò anche importanti opere semiologiche che prendevano spunto dallo strutturalismo, come gli Elementi di semiologia, il suo rilevante saggio del 1966 sull’analisi strutturale delle narrative letterarie e infine Il sistema della moda. Gli anni successivi all’EPHE furono caratterizzati da una serie di brillanti articoli e libri che lo videro andare oltre un approccio strettamente semiologico e strutturalista, verso una posizione che divenne conosciuta come post-strutturalista. L’impero dei segni, S/Z, Sade, Fourier, Loyola, Il piacere del testo e Roland Barthes, assieme ad alcuni saggi che ancora oggi sono molto influenti, quali La morte dell’autore, pubblicato per la prima volta nel 1968, confermarono Barthes come forse lo scrittore più importante di un periodo che molti considererebbero il culmine della teoria e della critica letteraria, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Negli ultimi lavori di questa insigne lista di libri, egli sviluppò una nuova teoria erotica e fortemente personale di lettura e di scrittura. L’ultima sua opera, infatti, è segnata dall’interesse per l’effetto fisico della letteratura e di altre forme d’arte, per i piaceri edonistici offerti al lettore dai testi letterari, dalla musica e dalla fotografia, e infine per la violenza (la repressione di tali piaceri e reazioni fisiche) insita nel linguaggio stesso. Gli fu assegnata una cattedra di semiologia letteraria al Collège de France nel 1976. Nel suo famoso discorso inaugurale dichiarò che “il linguaggio – la realizzazione concreta di un sistema linguistico – non è né reazionario né progressista; è piuttosto semplicemente fascista”. Le sue ultime opere, in modo particolare il suo libro sul discorso dell’innamorato, Frammenti di un discorso d’amore, e la sua analisi della fotografia nel contesto della morte di sua madre, La camera chiara: nota sulla fotografia, incominciarono a condurre tale visione del linguaggio, e quindi anche della scrittura, in un ambito in cui il lavoro teorico veniva sostituito da un genere di discorso che egli denominò “romanzesco”.

Se alla fine Barthes avrebbe tentato di scrivere un romanzo, o se i suoi ultimi lavori costituiscono già un tipo di scrittura romanzesca, è ancora un punto che viene discusso dagli studiosi, dai teorici e dai critici della sua opera. Forse la domanda resterà senza una risposta, siccome egli non visse tanto a lungo da terminare i progetti che aveva in animo alla fine degli anni 70. Dopo essere stato a pranzo dal futuro Presidente della Repubblica, François Mitterand, venne investito mentre stava attraversano la rue des Ecoles, il 25 febbraio 1980. Morì all’incirca un mese dopo. Varie sue opere sono state pubblicate postume, in particolare diversi brevi diari tenuti dal 1969 al 1979. La pubblicazione di questi testi è particolarmente notevole per la descrizione esplicita dell’omosessualità dell’autore. L’importanza di Barthes nell’ambito della storia culturale e intellettuale francese è stata anche onorata dalla pubblicazione di tutte le sue opere in Oeuvres complètes (3 voll. Ed. Eric Marty, Paris: Le Seuil, 1993-5). Barthes ha sempre avuto e continua ad avere un’immensa influenza su varie discipline all’interno delle istituzioni accademiche, come le discipline umanistiche. La sua opera sugli studi culturali, esemplificata da Mitologie e Il sistema della moda, ha contribuito a porre le basi per un modo particolare stimolante di studio e di analisi. Concetti quali la testualità e l’intertestualità, la morte dell’autore, il testo di scrittura e il testo di lettura e così via svolgono ancora un ruolo cruciale nella maniera in cui gli studenti e gli studiosi di oggi si accostano ai testi letterari. Le sue meditazioni provocative sulla musica, sul cinema e soprattutto sulla fotografia continuano a fornire un fondamento per una grande quantità di opere teoriche contemporanee in queste aree. Recenti innovazioni nella teoria, in modo particolare quelle riguardanti le nuove tecnologie informatiche, continuano a trovare una molteplicità di domande, e a volte anche di risposte, nell’opera di Barthes. Tuttavia, bisogna ammettere che non c’è mai stata e probabilmente mai ci sarà una scuola di critica o di teoria barthiana; infatti, nessuno si fa chiamare critico o teorico barthiano. Come spiega Tzvetan Todorov, nel suo saggio critico sul pensatore francese, Barthes “ha creato un ruolo per se stesso che consisteva nel rovesciare la padronanza inerente al discorso e nell’assumere quel ruolo che […] egli stesso ha reso insostituibile”. Barthes era un teorico e uno scrittore allo stesso tempo insostituibile e irripetibile. Uno scrittore che non può essere considerato a parte, poiché adottò durante tutta la sua carriera innumerevoli stili e approcci teorici contrastanti e la sua scrittura, dall’inizio alla fine, si confronta con il problema di base dell’avanguardia moderna e del pensiero intellettuale: come produrre una forma di scrittura o di discorso che può resistere all’assorbimento attuato dalla cultura dominante e quindi da ciò che, nelle sue ultime opere, egli chiamò semplicemente “potere”. Di rado era ottimista riguardo le probabilità di creare un modo simile di scrittura e di discorso. In tutti i suoi lavori, dal primo libro all’ultimo, è testimone degli irresistibili poteri di assimilazione posseduti dalla cultura dominante e istituzionalizzata. Eppure l’intera sua opera oggi risalta di fronte ai nostri occhi quale testamento di una vita vissuta nella resistenza contro tali poteri. Non esiste una scuola di critica o di teoria barthiana, eppure Roland Barthes resta un modello fondamentale per tutti coloro che oggi vorrebbero impegnarsi nel campo teorico e intellettuale. 

 

 

JULIEN GREIMAS

Casella di testo:

Le sue ricerche riguardano la semantica generale, l'applicazione dei metodi dell'analisi fonologica alla semantica, e la semiotica.

Emigrato in Francia alla vigilia della guerra, Greimas si laurea in lettere alla Sorbona nel 1949,   (aveva prima studiato all'università di Grenoble). Si specializza nella storia della lingua francese (pubblicherà del resto nel 1968 un dizionario del francese antico); inizia ad interessarsi alla semantica e si immerge nella lettura dei linguisti: Ferdinand de Saussure, Viggo Brøndal, Roman Jakobson... Il suo incontro con Roland Barthes ad Alessandria d’Egitto contribuirà a destare in  quest'ultimo l’interesse per la linguistica. Naturalizzato  francese nel 1951, Greimas insegna  all'università di Alessandria  nel 1958 quando vi conosce Barthes, poi è  ad Ankara ed Istanbul prima di ottenere un posto all'università di Poitiers, quindi all'École pratique des hautes études (1965), dove ritrova il suo amico Roland Barthes. Ma, se tutti e due si rifanno alla semiologia, la loro concezione di questa scienza non è tuttavia la stessa, e laddove Barthes evolve lentamente verso la letteratura ed il "piacere del testo", Greimas tenderà sempre più verso il formalismo ed il rigore.

La sua tesi di dottorato riguardava la lessicologia, ma, di fronte alla difficoltà di fondare una scienza delle "unità-parola", Greimas si dedica ben presto  alla semantica (scienza della linguistica che studia il significato nei processi di comunicazione). I suoi primi libri, Semantica strutturale (1966), Del senso I (1970), dimostrano una volontà di lavorare al livello dei discorsi e dei testi. Influenzato allo stesso tempo dall'analisi del racconto orale che aveva effettuato il russo Vladimir Propp (Morfologia della fiaba) e dalla linguistica strutturale, propone ciò che chiama un "modello attanziale" del racconto, ed elabora una metodologia estremamente precisa, messa ad esempio in pratica nel suo studio intitolato Maupassant, la semiotica del testo (1976).

 

Prendendo in prestito da Propp il concetto di "attante", (o “funzione”) darà a questo termine un senso leggermente diverso,  considerando gli attanti, che riduce a sei, come funzioni sintattiche (le sujet, l'objet, le destinateur, le destinataire, l'opposant, l'adjuvant, ossia il soggetto, l'oggetto, il destinatore, il destinatario, l'oppositore, l'aiutante). Al centro delle proprie ricerche si troverà sempre un accento posto sulla struttura logica che sottende la dimensione sintagmatica del racconto: tenterà di seguire la modulazione del senso nel passaggio di questa struttura sottostante ai vari livelli del testo e del discorso.   Semplificando molto,  secondo Greimas  qualsiasi personaggio o vicenda del racconto - di qualsiasi racconto - si riduce a queste sei funzioni semantiche o attanti: Qualcuno (il Soggetto o protagonista) è incaricato da un secondo (Destinatore) di fare qualcosa (Oggetto) e in ciò è ostacolato da  un terzo (Oppositore) o aiutato da un quarto (Adiuvante) facendone beneficiare un quinto (Destinatario). La teoria sembra molto rarefatta e potrebbe far nascere  il dubbio che possa adeguatamente interpretare racconti complessi quali i romanzi moderni: ma se si dà un’occhiata ai plot più correnti dei film di Hollywood, si potrà subito comprendere come Greimas non sia andato troppo distante dal vero per le narrazioni filmiche standard.

Più professorale, meno conosciuto e  meno al centro dell’attenzione dei media del suo amico Roland Barthes (al  quale  verrà spesso accostato per via della loro vicenda intellettuale in parte condivisa),  Greimas ha tuttavia esercitato un'influenza notevole nell’ambiente accademico ed ha segnato durevolmente gli studi semantici francesi. Da questo punto di vista, "ha fatto scuola", come è testimoniato dalla pubblicazione alcuni mesi subito dopo la sua morte di un libro destinato alle sue teorie (Thérèse Budniakiewicz, Fundamentals of Story Logic, introduction to Greimassian Semiotics, Amsterdam, 1992) e dalle numerose note facenti riferimento ai suoi lavori ai piedi di molti testi di semiotica.

Il suo ultimo lavoro, Semiotica delle passioni (1991), in collaborazione con Jacques Fontanille, è un'applicazione della semiologia all'universo delle passioni, con uno studio focalizzato sull’avarizia e la gelosia, e qui si  può vedere – per la consonanza dei temi – quanto lo separava da Barthes, che, in Frammenti di un discorso amoroso, aveva praticato un approccio molto meno formale e frontale su un argomento così poco sistematizzabile e sfuggente.

È questa volontà di formalismo, a volte spinta all’eccesso, che caratte -rizza tutta l’opera  di un uomo di una cultura estrema e, nonostante le apparenze, di un'apertura estrema.

Altre sue opere importanti: Semiotica e scienze sociali (1976); Del senso II (1983); Dell'imperfezione, 198

 

Bibliografia

 

Umberto Eco, Apocalittici ed integrati, Bompiani

Umberto Eco, Il superuomo di massa, Bompiani

Alessandro Di Nocera, Supereroi e superpoteri, Castelvecchi Editore

Riccardo Corbò, Pulp: centodieci anni e non sentirli, Magic Press

Dashiell Hammet, Il falcone maltese, Guanda

Raymond Chandler, Il lungo addio, Feltrinelli

 

Webgrafia

 

It.wikipedia.org

www.sherlockmagazine.it

www.filosofico.net

www.blackmask.com