Rumori di fondo/schede su alcuni giornali locali e di base del Pinerolese nel dopoguerra

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<< La voce del padrone >>

E' il " bollettino politico interno di documentazione per il confronto, il dibattito e la lotta" che il "Circolo Operaio" di None fa uscire a partire dall'autunno '71 fino al giugno del '75. La cadenza dal 1973 era settimanale e il foglio vedeva la luce su carta ciclostilata. Titoli e vignette erano disegnati sulla matrice, perchè costavano di meno di quelle in uso per incisore elettronico, usate solo più avanti e in rare occasioni. La tiratura si aggirava sulle 150 copie, tutte prevalentemente distribuite e vendute a cento lire a copia negli stabilimenti Indesit di None e Orbassano, dove il gruppo interveniva con i suoi miltanti nel dibattito sindacale e politico.

Tutto cominciò con la vertenza aziendale Indesit del '71: i 6 mila e fischia produttori di lavatrici, televisori, frigoriferi ecc si lanciarono in una lotta durata tre mesi per ottenere pause nel lavoro di linea, sostituti assenti, rotazione e qualifiche, superamento del lavoro al sabato. Una manodopera prevalentemente femminile, di recente formazione e di scarsa tradizione sindacale, si trovò a misurare il peso politico della sua partecipazione al lavoro produttivo nella grande industria. Che il lavoro produttivo c'entrasse con la politica era una cosa mai vista da quelle parti, o mai saputa, o dimenticata: (ri)vedersela tra i piedi suscitava uno strano effetto di spaesamento che generava o rifiuto conservativo o entusiastica adesione.

La ben nota miscela di metalmezzadri, ex braccianti del sud, immigrati dal Polesine, reduci dalle grandi fabbriche e dalle miniere di Francia e Germania, a contatto con la curiosità delle avanguardie studentesche produsse una domanda di informarsi e di trovarsi cui il circolo diede una sua risposta. Si partì dallo studio delle voci della busta pga ( il premio collettivo orario fu l'argomento del primo opuscolo), si fece una capatina sul problema dei trasporti, poi dei prezzi e dei costi della scuola (gratuità dei libri di testo).Importante fu l'iniziativa contro la nocività dell'ambiente di lavoro: in collaborazione con alcuni medici si rilevò la presenza della trielina nelle urine di operai. Si ottenne la modifica di impianti e si riuscì a fare visite mediche a gruppi di operai interessati al problema.

Come era fatale si finì dalle parti del Cile, del VietNam e del comunismo eretico e ribelle della nuova sinistra. Mentre procedeva la produzione settimanale del giornalino, alcuni operai e studenti lessero per la prima volta in gruppo Il manifesto dei comunisti del 1848, Lavoro salariato e capitale, Salario prezzo e profitto di Marx.

Alle riunioni che si tenevano in via Stazione 134, partecipavano con regolarità operai e operaie come Bruno Redoglia (orso), Piero Baral, Luisa Melega, Giovanna Baffa, Battista Raimondi, Alfredo Crolle, Mauro Sorrentino,Salvatore Romano, Pinuccia Canu, poi una fauna di studenti universitari presto fuori corso come Mario Dellacqua e Nello Petrossi, insegnanti della media di None come Anna Garelli e dirigenti torinesi del Collettivo Lenin come Sandro Guiglia. Chiedo scusa per le dimenticanze. Ottimi i minestroni a casa di Orso e le castagnate in montagna.

I ritmi troppo serrati della militanza e l'impatto con la Politica ad alto livello ( il problema del governo delle sinistre, la competizione elettorale) produsse la pacifica diaspora del gruppo che si sciolse senza squilli di tromba nel giugno del '75. Le pubblicazioni cessarono proprio in coincidenza col grande successo comunista del giugno '75. Alcuni smisero di fare politica, altri si appartarono e si sposarono, altri non si licenziarono ma furono licenziati dalla Fiat o dall'Indesit o da tutti e due, altri si lanciarono nella grande politica in partiti grandi e piccoli. Quasi tutti godono oggi di buona salute.

Dagli articoli pubblicati sul bollettino si ricava una forte attenzione alla vita nelle officine, nei paesi e anche nelle piccole fabbriche. Ciò non impediva al gruppo di parlare sempre molto male dei governi di centrosinistra che pretendevano di pagare molto male gli operai rifiutandosi per giunta di fare una politica industriale di diverisificazione produttiva e di investimenti al sud. Il gruppo poi, cercava di spiegare che uno sviluppo economico fondato sull'automobile e sui consumi privati avrebbe finito per procurarci un sacco di guai.

Il gruppoe era extraparlamentare di sinistra, cioè irriducibilmente critico verso il Pci, accusato di accontentarsi troppo di coltivare deleghe elettorali e sindacali. Ma il gruppo mantenne rapporti di collaborazione sempre conflittuale con la gruppetteria varia. Quest'ultima era criticata perchè attribuiva alla politica maggioritaria di sinistra storica e sindacati tutti i ritardi del movimento operaio. Il Cicolo Operaio rifiutava di leggere la storia del movimento operaio come una storia di tradimenti perpetrati da "vertici" manipolatori e corrotti ai danni di una "base" presentata come perennemente incompresa e perennemente immaginata come unita nella disponibilità al conflitto. Il signor Renzo Del Carria, che scrisse Proletari senza rivoluzione "dando dignità storiografica" a questa interpretazione, è oggi in orgasmo per i successi del leghismo. Come volevasi dimostrare.

Queste resistenze alle semplificazioni, questa diffidenza per le rimozioni è forse quel che resta, se resta, di quell'esperienza. Però ricordo che quella consapevole lungimiranza che sapeva di non poter scommettere sui tempi brevi, si traduceva in un atteggiamento pedagogico verso gli operai, ad ogni pagina sempre un po' moralisticamente sgridati per la loro scarsa partecipazione alle messe cantate del tempo ( scioperi, manifestazioni politiche, cortei, assemblee...).

m.d.