“Alda
era molto più grande di me. Non a caso faceva l’assistente sociale. Io avevo
16 anni. Nella stanzetta da extraparlamentare di Lotta Continua lo stereo
suonava “Sei minuti all’alba” di Enzo Jannacci. Abbinamento tra sesso e
fucilazione che avrebbe fatto la felicità di qualche freudiano. Dalla parete ci
guardava Che Guevara. Per me era la prima volta. Dopo aver consumato mi
innamorai follemente di lei. Io mi innamoro sempre dopo, per gratitudine. Il
fatto che qualcuna me la dia mi sembra una cosa così umanitaria e commovente,
che la mia gratitudine si trasforma in amore”. Vauro, il disegnatore satirico
del Manifesto, l’uomo che ha un nome che sembra un soprannome, e invece si
chiama proprio così, Vauro di nome, Senesi di cognome, la butta sul comico. La
prima volta? Qualcosa di mezzo tra Emergency e l’Unicef. “Era una cosa tipo
“Mondo di Quark”, scientifica più che sessuale. Io non sapevo che cosa
fare. Ignoravo che avrei dovuto muovermi. Stavo immobile. Sai adesso è facile.
Viviamo nella sovrabbondanza di tette e di culi. Ma allora no. Io non avevo mai
visto una tetta, nemmeno in fotografia. Quindi stavo lì, sopra di lei, fermo.
Già mi bastava così. E guardavo la sua tetta intensamente”.
Aveva
una sola tetta?
“No,
ne aveva regolarmente due. Ma io ne vedevo una sola. Ero nella celebre posizione
del missionario anche se la missionaria era lei”.
Quando
le hai detto che non l’avevi mai fatto?
“Appena
vista la tetta, perché il mio obiettivo era raggiunto”.
E dopo?
“Siccome
mi sentivo ormai adulto, mi accesi una sigaretta. L’avevo visto in un film”.
A lei
era piaciuto?
“Non
poteva non esserle piaciuto perché avevo fatto esattamente quello che mi
chiedeva, avevo seguito le istruzioni alla lettera”.
La tua
educazione sessuale?
“Zero.
A parte qualche numero di Abc in cui si vedevano donne nude, di schiena, sedute,
massimo dell’erotismo consentito dai governi democristiani dell’epoca. Poi
chiacchiere tra amici, soprattutto con il mio amico Riccardo Mannelli. Lui era
del partito del pelo. Io del partito del non pelo”.
Se
potessi chiarire il concetto…
“Io
pensavo: se le donne non hanno la barba e non hanno i baffi, perché mai
dovrebbero avere il pelo come noi? Metodo induttivo. Tra l’altro la cosa mi
disgustava”.
Il papà,
la mamma…
“I
papà di queste cose non parlano e la mamma era sessuofobica. Informazioni dalla
famiglia niente”.
A
scuola?
“Il
diario di Michael. La professoressa di italiano era un’illuminata e ci
costrinse a leggere questo libro di educazione sessuale”.
C’erano
i disegnini?
“Ma
stai scherzando? Era comunque eccitante”.
Andavi
a cercare qualcosa nelle enciclopedie?
“Cercavo
sempre la tetta e la trovai su “Conoscere”. Era la tetta della donna di
Neanderthal. Meglio che niente”.
Il
primo bacio?
“Anche
lei era più grande di me. Eravamo in campagna. Lei mi disse: “Andiamo a
cogliere le ciliegie”. Erano le nove di sera, d’estate”.
E tu,
ingenuo…
“Io
pensavo di andare a cogliere le ciliegie. Lei mi disse: “Chiudi gli occhi e
apri la bocca”. Io pensavo che mi mettesse in bocca la ciliegia e invece ci
mise la lingua. Lì per lì rimasi un po’ impressionato. Poi ci presi gusto.
Finì in una grande pomiciata. Pensai subito che avrei dovuto sposarla”.
L’avevi
compromessa…
“C’erano
varie teorie su come nascevano i bambini, la spiegazione ufficiale, quella più
autorevole, era che nascessero con il bacio. Hai presente quei cespugli che
rotolano nel deserto che si vedono nei film western? Io ero convintissimo che ci
fosse un deposito di cespuglietti dietro la lingua”.
Con il
’68 ci fu la liberazione sessuale.
“Io
non ero del movimento hippy o libertario. I miei amici erano piuttosto
stalinisti, bacchettoni. Era un mito la facilità dei rapporti sessuali”.
I
leader però…
“Leggende.
Molti leader erano anche antipatici, la loro libido era soddisfatta dalla
politica. Meglio un’assemblea che una scopata”.
Poi ti
sei sposato.
“Mi
ero iscritto al Pci e mi fecero fare la scuola di partito alle Frattocchie.
Quando arrivai c’era già un corso di sole donne che stavano chiuse là da
quindici giorni. Il contesto, diciamo, era favorevole. Conobbi Mirella. E ci
sposammo. Abbiamo avuto anche una figlia, Fiaba, che adesso ha 25 anni”.
Hai
anche un figlio…
“Dal
secondo matrimonio. Si chiama Rosso”.
Ti odia
per questo?
“No,
è molto orgoglioso del suo nome”.
Che
cos’è l’amore secondo te?
“Questa
è una domanda marzulliana che non ti fa onore”.
Rispondi.
“Complicità”.
E la
passione?
“Doppia
complicità. La passione è una cosa che va coltivata. Le passioni più intense
sono quelle più durature, che si trasformano in intelligenza, in curiosità, in
fantasia, in volontà”.
Sei
innamorato in questo momento?
“Io
ho la fortuna e la disgrazia di essere molto innamorato di Vianela, mia
moglie”.
Come ti
accorgi quando sei innamorato?
“Come
tutti. Accelerazione del battito cardiaco, afflusso di energia doppia, emotività
scoperta”.
Diventi
stupido?
“Ma
io sono stupido sempre. La differenza non si nota”.
Come
corteggi?
“In
modo impacciatissimo, le rovescio il caffè addosso, mi incasino, divento
l’essere più imbranato dell’universo. Una volta, per corteggiare una
ragazza che mi piaceva molto, le dissi che somigliava al mio cane, aveva i
capelli come lui. Si incazzò”.
Una
follia che hai fatto per amore?
“Un
giorno stavo facendo l’autostop in Svizzera. Dopo ore che aspettavo
inutilmente si aprì una finestra e una ragazza mi invitò a prendere un caffè.
La cosa finì lì. Ma io naturalmente mi innamorai alla follia. Così il mese
dopo tornai a Basilea in treno. Ma non avevo una lira e dormivo nella neve col
sacco a pelo per vedere lei. Che non mi si filò per niente. Nemmeno il caffè”.
Tra la
prima e la seconda moglie hai recuperato il tempo perduto?
“Un
pochettino sì. Ma niente di olimpionico”.
Come
hai conosciuto Vianela?
“A
Italia Radio, quando era ancora la radio comunista e lei, che è cilena, era lì
in collegamento con Santiago del Cile, la notte del plebiscito su Pinochet”.
Ti sei
innamorato subito e l’hai voluta sposare subito.
“Siamo
andati a vivere insieme subito. Io ero fidanzato con Marina che era andata a
fare un documentario sugli orsi bianchi in Alaska. Tornò più freddina del
solito. Mi disse: “In Alaska non ti ho pensato molto”. Io le dissi:
”Nemmeno io, a Roma””.
Sempre
ragazze di sinistra.
“Anche
una fascista. La conobbi in un seggio. Era rappresentante di lista per l’Msi.
Fu quasi un dispetto, un gioco per tutti e due. Una sorta di compromesso
storico”.
Ricordi
un’attrice che ti sembrava particolarmente eccitante?
“C’era
stato un passaparola fra ragazzi: “In Cleopatra si vede una tetta di Liz
Taylor”. Corsi al cinema. In effetti si vedeva una tetta mentre lei faceva il
bagno nel latte”.
Un
attore in cui ti identificavi?
“Clark
Gable. M’è sempre sembrato un gran bell’uomo”.
Hai mai
avuto pulsioni omosessuali?
“Ho
avuto rapporti di grande amicizia, a volte in contesti particolari come quando
facevo il soldato. Momenti di forte intimità intellettuale, anche con sbocchi
fisici, ma semplicemente nel senso di mettersi una mano sulla spalla, il
parlarsi toccandosi, io sono uno molto fisico. Tocco tutti, al giornale lo
sanno, uomini e donne”.
Se tuo
figlio un giorno arriva da te e dice: “Ti presento il mio fidanzato”?
“Purché
non sia di Forza Italia”.
Hai mai
comprato cassette porno?
“Una
volta, di notte, all’edicola, mi vergognavo orrendamente. Balbettavo.
L’edicolante mi prese per un pervertito. Le portai a casa, le guardai e le
nascosi subito. Non sono un gran patito del genere. Sono noiose”.
Ti
ritieni bello?
“Io
sono di una bellezza esaltante”.
Quand’è
che una donna ti fa andare in bestia?
“Quando
non mi crede”.
Non
dici mai bugie?
“E’
troppo complicato. Faticoso. Mi perderei. Il mondo della bugia è una specie di
Siberia”.
Credi
all’amore senile?
“Te
lo dico tra qualche annetto”.
Veramente
ci siamo.
“Ho
47 anni”.
Ricordi
una grande sconfitta?
“Ricordo
una donna di una bellezza intensa. Da più di un anno c’era un corteggiamento
reciproco, molto sottile, fatto di piccoli gesti, di atmosfera. Una sera disse
di sì. Ma l’amico Friz disse di no. Me lo sarei mangiato”.
Altra
sconfitta?
“Facevo
le magistrali, nella mia classe trentacinque donne e due uomini. Mi innamorai
follemente della più brutta della classe. Mi succede a volte di innamorarmi di
una brutta. Aveva il naso alla Paolo Uccello, evocava immagini artistiche. Per
dichiararmi le regalai un coniglietto di porcellana. Lei si offese. Pensava a
uno scherzo. Invece ero follemente innamorato”.
Le
donne si lamentano di te?
“No,
le ho trovate tutte molto educate”.
Claudio
Sabelli Fioretti | 11-01-2002