Vauro Senesi - Amica - 11-01-2002

“Alda era molto più grande di me. Non a caso faceva l’assistente sociale. Io avevo 16 anni. Nella stanzetta da extraparlamentare di Lotta Continua lo stereo suonava “Sei minuti all’alba” di Enzo Jannacci. Abbinamento tra sesso e fucilazione che avrebbe fatto la felicità di qualche freudiano. Dalla parete ci guardava Che Guevara. Per me era la prima volta. Dopo aver consumato mi innamorai follemente di lei. Io mi innamoro sempre dopo, per gratitudine. Il fatto che qualcuna me la dia mi sembra una cosa così umanitaria e commovente, che la mia gratitudine si trasforma in amore”. Vauro, il disegnatore satirico del Manifesto, l’uomo che ha un nome che sembra un soprannome, e invece si chiama proprio così, Vauro di nome, Senesi di cognome, la butta sul comico. La prima volta? Qualcosa di mezzo tra Emergency e l’Unicef. “Era una cosa tipo “Mondo di Quark”, scientifica più che sessuale. Io non sapevo che cosa fare. Ignoravo che avrei dovuto muovermi. Stavo immobile. Sai adesso è facile. Viviamo nella sovrabbondanza di tette e di culi. Ma allora no. Io non avevo mai visto una tetta, nemmeno in fotografia. Quindi stavo lì, sopra di lei, fermo. Già mi bastava così. E guardavo la sua tetta intensamente”.

Aveva una sola tetta?

“No, ne aveva regolarmente due. Ma io ne vedevo una sola. Ero nella celebre posizione del missionario anche se la missionaria era lei”.

Quando le hai detto che non l’avevi mai fatto?

“Appena vista la tetta, perché il mio obiettivo era raggiunto”.

E dopo?

“Siccome mi sentivo ormai adulto, mi accesi una sigaretta. L’avevo visto in un film”.

A lei era piaciuto?

“Non poteva non esserle piaciuto perché avevo fatto esattamente quello che mi chiedeva, avevo seguito le istruzioni alla lettera”.

La tua educazione sessuale?

“Zero. A parte qualche numero di Abc in cui si vedevano donne nude, di schiena, sedute, massimo dell’erotismo consentito dai governi democristiani dell’epoca. Poi chiacchiere tra amici, soprattutto con il mio amico Riccardo Mannelli. Lui era del partito del pelo. Io del partito del non pelo”.

Se potessi chiarire il concetto…

“Io pensavo: se le donne non hanno la barba e non hanno i baffi, perché mai dovrebbero avere il pelo come noi? Metodo induttivo. Tra l’altro la cosa mi disgustava”.

Il papà, la mamma…

“I papà di queste cose non parlano e la mamma era sessuofobica. Informazioni dalla famiglia niente”.

A scuola?

“Il diario di Michael. La professoressa di italiano era un’illuminata e ci costrinse a leggere questo libro di educazione sessuale”.

C’erano i disegnini?

“Ma stai scherzando? Era comunque eccitante”.

Andavi a cercare qualcosa nelle enciclopedie?

“Cercavo sempre la tetta e la trovai su “Conoscere”. Era la tetta della donna di Neanderthal. Meglio che niente”.

Il primo bacio?

“Anche lei era più grande di me. Eravamo in campagna. Lei mi disse: “Andiamo a cogliere le ciliegie”. Erano le nove di sera, d’estate”.

E tu, ingenuo…

“Io pensavo di andare a cogliere le ciliegie. Lei mi disse: “Chiudi gli occhi e apri la bocca”. Io pensavo che mi mettesse in bocca la ciliegia e invece ci mise la lingua. Lì per lì rimasi un po’ impressionato. Poi ci presi gusto. Finì in una grande pomiciata. Pensai subito che avrei dovuto sposarla”.

L’avevi compromessa…

“C’erano varie teorie su come nascevano i bambini, la spiegazione ufficiale, quella più autorevole, era che nascessero con il bacio. Hai presente quei cespugli che rotolano nel deserto che si vedono nei film western? Io ero convintissimo che ci fosse un deposito di cespuglietti dietro la lingua”.

Con il ’68 ci fu la liberazione sessuale.

“Io non ero del movimento hippy o libertario. I miei amici erano piuttosto stalinisti, bacchettoni. Era un mito la facilità dei rapporti sessuali”.

I leader però…

“Leggende. Molti leader erano anche antipatici, la loro libido era soddisfatta dalla politica. Meglio un’assemblea che una scopata”.

Poi ti sei sposato.

“Mi ero iscritto al Pci e mi fecero fare la scuola di partito alle Frattocchie. Quando arrivai c’era già un corso di sole donne che stavano chiuse là da quindici giorni. Il contesto, diciamo, era favorevole. Conobbi Mirella. E ci sposammo. Abbiamo avuto anche una figlia, Fiaba, che adesso ha 25 anni”.

Hai anche un figlio…

“Dal secondo matrimonio. Si chiama Rosso”.

Ti odia per questo?

“No, è molto orgoglioso del suo nome”.

Che cos’è l’amore secondo te?

“Questa è una domanda marzulliana che non ti fa onore”.

Rispondi.

“Complicità”.

E la passione?

“Doppia complicità. La passione è una cosa che va coltivata. Le passioni più intense sono quelle più durature, che si trasformano in intelligenza, in curiosità, in fantasia, in volontà”.

Sei innamorato in questo momento?

“Io ho la fortuna e la disgrazia di essere molto innamorato di Vianela, mia moglie”.

Come ti accorgi quando sei innamorato?

“Come tutti. Accelerazione del battito cardiaco, afflusso di energia doppia, emotività scoperta”.

Diventi stupido?

“Ma io sono stupido sempre. La differenza non si nota”.

Come corteggi?

“In modo impacciatissimo, le rovescio il caffè addosso, mi incasino, divento l’essere più imbranato dell’universo. Una volta, per corteggiare una ragazza che mi piaceva molto, le dissi che somigliava al mio cane, aveva i capelli come lui. Si incazzò”.

Una follia che hai fatto per amore?

“Un giorno stavo facendo l’autostop in Svizzera. Dopo ore che aspettavo inutilmente si aprì una finestra e una ragazza mi invitò a prendere un caffè. La cosa finì lì. Ma io naturalmente mi innamorai alla follia. Così il mese dopo tornai a Basilea in treno. Ma non avevo una lira e dormivo nella neve col sacco a pelo per vedere lei. Che non mi si filò per niente. Nemmeno il caffè”.

Tra la prima e la seconda moglie hai recuperato il tempo perduto?

“Un pochettino sì. Ma niente di olimpionico”.

Come hai conosciuto Vianela?

“A Italia Radio, quando era ancora la radio comunista e lei, che è cilena, era lì in collegamento con Santiago del Cile, la notte del plebiscito su Pinochet”.

Ti sei innamorato subito e l’hai voluta sposare subito.

“Siamo andati a vivere insieme subito. Io ero fidanzato con Marina che era andata a fare un documentario sugli orsi bianchi in Alaska. Tornò più freddina del solito. Mi disse: “In Alaska non ti ho pensato molto”. Io le dissi: ”Nemmeno io, a Roma””.

Sempre ragazze di sinistra.

“Anche una fascista. La conobbi in un seggio. Era rappresentante di lista per l’Msi. Fu quasi un dispetto, un gioco per tutti e due. Una sorta di compromesso storico”.

Ricordi un’attrice che ti sembrava particolarmente eccitante?

“C’era stato un passaparola fra ragazzi: “In Cleopatra si vede una tetta di Liz Taylor”. Corsi al cinema. In effetti si vedeva una tetta mentre lei faceva il bagno nel latte”.

Un attore in cui ti identificavi?

“Clark Gable. M’è sempre sembrato un gran bell’uomo”.

Hai mai avuto pulsioni omosessuali?

“Ho avuto rapporti di grande amicizia, a volte in contesti particolari come quando facevo il soldato. Momenti di forte intimità intellettuale, anche con sbocchi fisici, ma semplicemente nel senso di mettersi una mano sulla spalla, il parlarsi toccandosi, io sono uno molto fisico. Tocco tutti, al giornale lo sanno, uomini e donne”.

Se tuo figlio un giorno arriva da te e dice: “Ti presento il mio fidanzato”?

“Purché non sia di Forza Italia”.

Hai mai comprato cassette porno?

“Una volta, di notte, all’edicola, mi vergognavo orrendamente. Balbettavo. L’edicolante mi prese per un pervertito. Le portai a casa, le guardai e le nascosi subito. Non sono un gran patito del genere. Sono noiose”.

Ti ritieni bello?

“Io sono di una bellezza esaltante”.

Quand’è che una donna ti fa andare in bestia?

“Quando non mi crede”.

Non dici mai bugie?

“E’ troppo complicato. Faticoso. Mi perderei. Il mondo della bugia è una specie di Siberia”.

Credi all’amore senile?

“Te lo dico tra qualche annetto”.

Veramente ci siamo.

“Ho 47 anni”.

Ricordi una grande sconfitta?

“Ricordo una donna di una bellezza intensa. Da più di un anno c’era un corteggiamento reciproco, molto sottile, fatto di piccoli gesti, di atmosfera. Una sera disse di sì. Ma l’amico Friz disse di no. Me lo sarei mangiato”.

Altra sconfitta?

“Facevo le magistrali, nella mia classe trentacinque donne e due uomini. Mi innamorai follemente della più brutta della classe. Mi succede a volte di innamorarmi di una brutta. Aveva il naso alla Paolo Uccello, evocava immagini artistiche. Per dichiararmi le regalai un coniglietto di porcellana. Lei si offese. Pensava a uno scherzo. Invece ero follemente innamorato”.

Le donne si lamentano di te?

“No, le ho trovate tutte molto educate”.

Claudio Sabelli Fioretti | 11-01-2002